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Il principio attivo dello zenzero potrebbe curare la sindrome del colon irritabile

La terapia della sindrome del colon irritabile o IBS, condizione molto comune, che in un caso su quattro si manifesta già entro i vent’anni, compromettendo la qualità di vita con dolori e diarree, e contro la quale non esistono terapie risolutive, potrebbe essere più efficace grazie a un principio attivo dello zenzero. Uno studio appena pubblicato su Nature Communications dimostra infatti, per ora su modelli animali, un effetto specifico e rilevante, che candida la molecola al ruolo di vero e proprio farmaco.

In esso i ricercatori della facoltà di medicina della Temerty University di Toronto (Canada) hanno dimostrato che uno dei candidati a svolgere la nota attività antinfiammatoria della spezia, il furanodienone (FDN) interagisce con un recettore specifico chiamato PRX (da recettore X del pregnano). Questo, una volta attivato dall’FDN, attenua o sopprime l’attività infiammatoria e il rilascio di molecole specifiche (citochine) tipiche dell’IBS. Inoltre, facilita la rigenerazione delle cellule intestinali danneggiate dall’infiammazione, favorendo la guarigione. Infine, ha un’azione che è limitata alle pareti intestinali, e che lascia intatto il fegato e il sistema immunitario,un’altra caratteristica molto importante, in funzione di un possibile sfruttamento come farmaco, per evitare tossicità sistemiche. 

Una volta capito il meccanismo, gli autori hanno verificato l’effetto di una somministrazione orale di FDN, e visto così che, nei modelli animali, esso riduce sensibilmente l’infiammazione intestinale, senza evidenti effetti colateralii. Ora gli studi proseguono, per verificare tutte le potenzialità di una molecola che, già presente come spezia nelle medicine tradizionali asiatiche e non solo, potrebbe diventare la prima di una nuova classe di farmaci finalmente specifici, e terapeutici.

Intanto, un altro studio ha chiarito che l’IBS ha una base genetica. Come riportato su Gastroenterology, alcune persone hanno geni che rendono difficile la digesrtione di alcuni zuccheri (in particolare per anomalie nell’espressione di alcuni enzimi), e questi causa i sintomi. Anche questa scoperta potrebbe aprire nuove vie terapeutiche.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 27 febbraio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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