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Le nuove e-cig sono peggiori delle prime,
e più nocive delle sigarette tradizionali

Sono coloratissime, e spesso aromatizzate con odori gradevoli: anche per questo stanno conquistando un pubblico sempre più vasto soprattutto di adolescenti e ragazzi. Eppure le sigarette elettroniche o e-cig di ultima generazione, al di là dell’aspetto rassicurante, sono molto peggiori sia delle sigarette tradizionali sia delle prime versioni di sigarette elettroniche. E per questo andrebbero controllate molto più di quanto non accada oggi, con decine di marchi sul mercato, e regolamentate molto più severamente.

Sono quasi drammatici i toni di uno studio appena pubblicato su ACS Central Science dai ricercatori dell’Università della California di Davis, che hanno analizzato solo sette tipi di e-cig dei tre marchi più amati dai ragazzi. Il risultato è stato allarmante, perché tutte rilasciano quantità quasi sempre eccessive di piombo, nichel, antimonio, cadmio e altri metalli pesanti e metalloidi noti per essere associati a malattie quali i tumori o le patologie neurodegenerative.

Dopo aver fatto emanare tra i 500 e i 1.500 “puff” a ogni dispositivo, i ricercatori hanno dimostrato che i vapori contengono elevate concentrazioni di metalli e che quelle di nichel, cadmio e antimonio aumentano con il numero di tiri, che arrivano sia dai liquidi che dalle serpentine per il riscaldamento.

Nello specifico, i vapori di tre tipi di e-cig testate contenevano nichel in concentrazioni superiori a quelle considerate cancerogene, e lo stesso si è visto per l’antimonio presente di vapori di due tipi di e-cig. Analogamente, quattro tipi eccedevano io valori limite di piombo e nichel per il rischio di patologie respiratorie e neurologiche. Inoltre, per un utilizzo medio giornaliero si respirano gli stessi quantitativi che si hanno da un pacchetto da 20 sigarette classiche, concentrazioni superiori a quelle delle peime e-cig e talvolta quantitativi davvero molto elevati. Il tutto succede in un mercato in cui l’offerta continua ad aumentare, senza che vi siano grandi controlli e senza che vi siano limitazioni specifiche, o obblighi per esempio di diciture. E conquista sempre più giovani e giovanissimi, avviandoli a una vita di dipendenza e di patologie collegate ai metalli pesanti.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 1 luglio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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