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Il nostro sistema di difesa
è più reattivo in inverno

Anche il sistema immunitario risente delle stagioni, e cambia considerevolmente insieme a loro. Con il clima più freddo, infatti, è generalmente più attivato e più incline a sviluppare infiammazioni in seguito a all’attacco di virus e batteri, o di altri "nemici" o di sostanze tossiche, e per questo malattie quali il diabete di tipo 1, molte patologie autoimmuni quali la sclerosi multipla e l’artrite reumatoide e perfino alcune malattie psichiatriche sono più soggette a crisi e aggravamenti in inverno. Non solo: l’effetto del clima spiega molti dati osservati negli ultimi anni e mai chiariti come, per esempio, il fatto che l’incidenza della sclerosi multipla è molto più alta nei Paesi nordici che in quelli mediterranei, o comunque a clima più mite e soleggiato.

La scoperta, che potrebbe avere ripercussioni importanti da diversi punti di vista, è stata fatta da un gruppo di genetisti e immunologi dell’Università di Cambridge (Gran Bretagna), che hanno pubblicato su Nature Communications quanto osservato studiando le variazioni genetiche in una popolazione di oltre 26.000 persone di Paesi molto diversi: la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, l’Islanda, l’Australia e il Gambia. Il risultato è stato del tutto inatteso: dei quasi 23.000 geni studiati, oltre 5.000 si attivano in modo molto diverso a seconda della stagione e dell’esposizione al sole (cioè del rapporto tra ore di luce e di buio). Tra quelli più significativi vi sono i geni coinvolti nel metabolismo della vitamina D (già chiamata in causa in diverse malattie autoimmuni), il gene ARNTL, associato alla soppressione dell’infiammazione, e quelli collegati alla risposta alle vaccinazioni.

In base a questi dati, che cambiano il modo stesso di considerare la risposta immunitaria, si potrebbero prevedere, tra le molte applicazioni, terapie e protocolli vaccinali modulati in base alla stagione.’

Data ultimo aggiornamento 13 maggio 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: vitamina D



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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