Questo sito utilizza cookies tecnici per l'analisi del traffico, in forma anonima e senza finalità commerciali di alcun tipo; proseguendo la navigazione si acconsente all'uso dei medesimi Ok, accetto

Il cervello degli astronauti si trasforma
profondamente con la permanenza in orbita

Il cervello degli astronauti subisce modifiche profonde se la permanenza in orbita si protrae per più di due settimane e fino a sei mesi; se è più breve non c’è tempo sufficiente affinché queste siano visibili, mentre se è più lunga, raggiunto un certo plateau, esse tendono a diminuire. Per tornare alle condizioni di partenza, comunque, occorrono anni.

L’effetto dell’assenza di gravità sull’encefalo è stato mostrato da uno studio davvero unico, nel quale i neurologi dell’Università della Florida hanno esaminato minuziosamente il cervello di 30 astronauti che erano rimasti nello spazio per periodi di tempo variabili, e che avevano o meno eseguito più missioni, a distanze di tempo diverse. Come specificato su Scientific Reports, otto avevano effettuato missioni di un paio di settimane, 18 di sei mesi, e quattro erano rimasti in orbita per circa un anno. In tutti si è visto lo stesso andamento: la zona dei ventricoli, cavità poste nella parte più interna del cervello, tende ad allargarsi a partire dalla terza settimana, e continua a farlo fino ai sei mesi. In seguito l’espansione tende a diminuire e, dopo il rientro sulla terra, impiega in media circa tre anni per tornare alla normalità. 

Ciò accade perché, in condizioni di assenza di gravità, i fluidi del corpo tendono a distribuirsi non uniformemente, come accade sulla terra, ma verso l’alto, spingendo il cervello e provocando l’allargamento dei ventricoli.

La buona notizia è che non ci dovrebbero essere conseguenze per i turisti spaziali, il cui numero potrebbe aumentare nei prossimi anni e per i quali, di solito, la permanenza nello spazio si limita a poche ore. Ma è positivo anche il fatto che dopo sei mesi la situazione trovi un suo equilibrio e anzi, l’espansione tenda a regredire, perché ciò significa che gli esseri umani possono affrontare (almeno da questo punto di vista) viaggi spaziali più lunghi.

Chi programma le missioni dovrà invece tenere conto dell’intervallo necessario al recupero del cervello, che non deve essere inferiore ai tre anni.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 19 giugno 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



Warning: Use of undefined constant lang - assumed 'lang' (this will throw an Error in a future version of PHP) in /var/www/nuevo.assediobianco.ch/htdocs/includes/gallery_swiper.php on line 201

Notice: Undefined index: lang in /var/www/nuevo.assediobianco.ch/htdocs/includes/gallery_swiper.php on line 201

Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

Chiudi

Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

VAI ALLA VERSIONE COMPLETA