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La sindrome post infettiva della malattia
di Lyme è provocata dai residui batterici

La borreliosi, nota anche come malattia di Lyme, è un’infezione veicolata dalle zecche, che trasportano il batterio Borrelia burgodoferi. La sua incidenza è in aumento, e la malattia è nota anche per essere associata a una quantità particolarmente alta, in proporzione, di casi di sindromi post infettive che insorgono dopo la terapia antibiotica: il 14% delle persone infettate ne sviluppa una. 

Le sindromi post infettive, alle quali appartiene anche il Long Covid, sono costituite da una costellazione di numerosi possibili sintomi che si manifestano a una certa distanza dalla fase acuta, e possono compromettere anche gravemente la qualità di vita. Tuttavia, contro di esse non esistono quasi terapie, perché le cause sono per lo più sconosciute. Ora però uno studio pubblicato su Science Translational Medicine dai ricercatori della Northwestern University fornisce una spiegazione per questa forma, indicando così implicitamente anche possibili nuovi approcci terapeutici, e meccanismi che potrebbero essere comuni anche ad altre sindromi post infettive. 

Stando a quanto osservato nei modelli animali, i disturbi potrebbero infatti essere provocati da una reazione del sistema immunitario a frammenti della borrelia che restano nell’organismo dopo la cura con gli antibiotici, e che vengono percepiti come estranei. In particolare, a innescare la risposta sarebbero una classe di proteine della parete cellulare batterica chiamate peptidoglicani, presenti in tutti i batteri, e non a caso target di numerose famiglie di antibiotici. In questo caso, però, avrebberocaratteristiche del tutto diverse dalla maggior parte degli altri presenti nei batteri. E sarebbero queste specificità a rendere difficile la loro completa eliminazione dall’organismo. Alcuni frammenti resterebbero, e andrebbero a localizzarsi nel fegati. Da lì  continuerebbero a innescare una risposta. La reazione immunitaria a queste molecole si tradurrebbe in autoimmunità e nei numerosi e diversi sintomi tipici delle sindromi post virali tra i quali la fatigue e i dolori articolari.

Se questa fosse la spiegazione corretta, innanzitutto si potrebbero cercare antibiotici più efficaci sui peptidoglicani della borrelia. In generale, poi, si potrebbero cercare soluzioni specifiche, e si potrebbe verificare se anche in altre infezioni particolarmente a rischio di siondrome post infettiva ci siano questi pepetidoglicani, o molecole simili.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 19 maggio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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