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Un’iniezione sottocutanea ogni sei mesi
potrebbe tenere la pressione sotto controllo

Un nuovo farmaco genetico, che sfrutta le caratteristiche dell’RNA a interferenza, potrebbe presto consentire a chi è iperteso di sottoporsi a una sola iniezione ogni sei mesi, e modificare così in modo radicale la cura di questa diffusissima condizione. Il suo nome è zilebesiran, e il suo meccanismo d’azione prevede il blocco della sintesi di una proteina del fegato fondamentale per la regolazione della pressione, l’angiotensina, già bersaglio di farmaci tradizionali, attraverso l’RNA. In uno studio clinico di fase 2, condotto su oltre 600 persone con ipertensione non controllata dai farmaci tradizionali, reclutate in 150 centri di otto paesi, lo zilebesiran è stato sperimentato insieme a farmaci classici, secondo un protocollo preciso. Inizialmente, infatti, sono state somministrate le terapie standard una volta al giorno per almeno un mese (a 130 persone l’indapamide, a 240 l’amlodipina e a 293 l’olmesartan). Quindi tutti sono stati randomizzati a ricevere lo zilebesiran o un placebo, dati per via sottocutanea. Come ripostato su JAMA il nuovo farmaco è stato in grado di abbassare la pressione in un arco di tempo di tre mesi, mentre gli altri farmaci o il placebo non avevano avuto effetti significativi. Ora si procederà con la fase 3 della sperimentazione, su una popolazione più ampia e su un periodo di tempo che arrivi fino ai sei mesi. Se tutto andrà come ci si augura, entro pochi anni il nuovo trattamento potrebbe diventare lo standard per milioni di persone, che dovrebbero solo sottoporsi a un’iniezione sottocutanea ogni sei mesi.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 10 giugno 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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