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I geni e lo spessore della retina aiutano
a capire l’evoluzione della sclerosi multipla

La sclerosi multipla ha qualche segreto in meno. Due studi usciti a poca distanza l’uno dall’altro identificano infatti due diversi marcatori di gravità, che aiutano a capire chi è destinato a sviluppare la disabilità tipicamente associata alla malattia prima degli altri, e potrebbero quindi consentire una migliore pianificazione dei piani terapeutici.

Il primo, pubblicato su Neurology, pone l’accento su un esame già impiegato per alcune patologie dell’occhio, quello dello spessore della retina attraverso la tomografia a coerenza ottica: gli specialisti dell’Ospedale universitario di Vienna, che da molti anni ne studiano la possibile applicazione in alcune malattie neurologiche, hanno infatti confermato, su circa 260 pazienti seguiti per 5 anni, che a una diminuzione di 5 micron (millesimi di millimetro) conseguente a una neurite ottica (un’infiammazione del nervo ottico tipica della sclerosi multipla) corrisponde un raddoppio del rischio di sviluppare la disabilità dopo la successiva crisi acuta.

Il secondo studio richiama invece l’attenzione sulla predisposizione genetica alla malattia. I genetisti dell’Università di Cambridge, in Gran Bretagna, hanno coordinato il lavoro di oltre 70 centri di diversi paesi, per studiare i geni di oltre 22.000 tra pazienti e controlli sani e verificare se ne esistesse qualcuno associato a un aumento del rischio. Come riferito su Nature, sono stati identificati due punti del genoma mai associati prima alla sclerosi, chiamati DYSF e ZNF638, il primo dei quali coinvolto nei sistemi di riparazione delle cellule, il secondo nella risposta agli agenti virali. Chi li possiede sviluppa la disabilità mediamente quattro anni prima rispetto a chi non li esprime. I dati sono stati poi confermati su un ulteriore campione di 10.000 persone.

Se i due studi trovassero ulteriori conferme, le analisi dello spessore della retina e i test genetici, anche insieme, potrebbero quindi aiutare a definire meglio e in modo più personalizzato le cure, cercando di rallentare il più possibile la progressione verso la disabilità. 

A.B.
Data ultimo aggiornamento 4 settembre 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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