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I criminali sessuali non avranno più scampo: a inchiodarli sarà loro microbiota genitale

Coloro che commettono un reato sessuale grave come uno stupro, in futuro potrebbero non avere scampo, se sospettati (e colpevoli). Durante un rapporto sessuale, infatti, anche quando si utilizza un preservativo, c’è uno scambio di microbiota genitale tra maschio e femmina, e il microbiota riassortito può consentire di individuare le persone da cui ha avuto origine con elevata precisione. Il microbiota di ciascuno, infatti, è del tutto caratteristico e personale, e in futuro potrebbe essere utilizzato come test di identificazione.

La scoperta, riportata su iScience, è stata fatta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Murdoch (Australia), che hanno coinvolto nella sperimentazione 12 membri di coppie eterosessuali, monogame. Inizialmente a tutti è stato chiesto di astenersi dai rapporti per un periodo di tempo variabile tra i due e i 14 giorni, mentre il loro microbiota genitale, chiamato sexoma, veniva attentamente analizzato. Quindi è stato chiesto loro di avere rapporti e, subito dopo, di raccogliere nuovi campioni dalle zone interessate, con l’ausilio di semplici tamponi. A quel punto, tutti i nuovi campioni sono stati analizzati, e hanno mostrato che le popolazioni si erano in parte mischiate, ma ciascuno presentava tracce specifiche di quello del o della partner. Tre coppie avevano utilizzato il preservativo, e in quel caso era stata la donna a cedere una porzione maggiore di microbiota, ma il risultato finale non era stato diverso. Allo stesso modo, né la circoncisione di alcuni partecipanti, né altre caratteristiche come la presenza o l’assenza di peli pubici aveva avuto influenza. L’unico elemento che era cambiato a prescindere dal rapporto era stato il fatto, per le donne, di avere le mestruazioni, perché il microbiota vaginale cambia nelle diverse fasi del ciclo.

L’analisi del sexoma potrebbe quindi diventare uno strumento cruciale per determinare l’identità di un aggressore, se arrivassero conferme e standardizzazioni del metodo di analisi. Se così fosse, si tratterebbe di un passo in avanti significativo, perché si potrebbe non avere più bisogno di materiale genetico, oggi considerato prova indispensabile. 

A.B.
Data ultimo aggiornamento 28 febbraio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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