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I cinghiali selvatici che arrivano nelle città possono trasmettere il virus dell’epatite E

I cinghiali selvatici che si addentrano nei centri urbani, oltre a essere potenzialmente infettati dalla peste suina africana (grave infezione virale che sta causando continue crisi epidemiche con conseguenti abbattimenti di migliaia di capi di suini allevati), possono veicolare anche un altro virus, questa volta pericoloso per l’uomo: quello dell’epatite E o HEV. L’infezione colpisce ogni anno circa 50 milioni di persone, miete non meno di 50.000 vittime ed è pericolosa soprattutto per le donne incinte (in questo caso la mortalità arriva al 30%), che possono trasmetterla anche al feto. Per questo andrebbero attuate politiche di contenimento e controlli.

Lo sostengono i ricercatori dell’Università di Barcellona, in Spagna, in un articolo pubblicato su Science of the Total Environment, nel quale descrivono la situazione della loro città, ma citano anche quelle, analoghe, di Genova, Lugo di Romagna, Roma, Berlino e Hong Kong (per citare solo alcuni die casi peggiori).

Nello studio, gli autori hanno analizzato 312 campioni di feci di cinghiali che vivevano attorno a Barcellona, raccolti tra il 2016 e il 2021, e ne hanno trovati sette positivi per la presenza del virus. L’HEV era - geneticamente parlando - sempre lo stesso, passato da individuo a individuo. Ciò significa che l’infezione è endemica, in quella popolazione di animali, che possono quindi veicolarla per anni e trasmetterla all’uomo per esempio attraverso le feci. In attesa che le autorità prendano iniziative più drastiche, il consiglio è quello di non consumare mai carne di cinghiale che non sia del tutto cotta in ogni sua parte, lavarsi le mani dopo qualunque tipo di contatto con gli animali o le feci (o altro) ed evitare a tutti i costi il contatto tra gli animali domestici come cani e gatti e i cinghiali, perché è dimostrato che il virus può passare ai pet e da loro all’uomo.

Quello dei cinghiali sta diventando un problema diffuso e grave, anche perché non c’è attenzione sufficiente, e non si prendono misure preventive talvolta semplici come l’utilizzo di bidoni dell’immondizia che siano inaccessibili  o l’installazione di barriere o, ancora, la sterilizzazione di questi animali, attratti sempre di più nelle città a causa del restringimento del loro habitat naturale, e della grande disponibilità di cibo.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 31 dicembre 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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