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Il virus Hendra ci insegna come avviene
il "salto" dai pipistrelli all’uomo

di Agnese Codignola

Negli ultimi tre anni il termine “spillover” è diventato familiare, a causa della pandemia da SARS-CoV-2. Indica il salto di specie di un agente patogeno dal suo serbatoio naturale, in genere un animale selvatico, all’uomo, direttamente, oppure attraverso il passaggio in altre specie intermedie. Nel caso di Sars-CoV 2, anche se mancano certezze definitive, si pensa, com’è ormai noto, che sia avvenuto da alcuni pipistrelli, animali nei quali albergano decine di coronavirus. In molti Paesi, i pipistrelli sono sempre più spesso a contatto con gli esseri umani a causa del restringimento progressivo degli habitat naturali: ed è così che, secondo la maggior parte degli esperti, come raccontato in modo documentato e avvincente anche in Senza Respiro, l’ultimo libro di David Quammen, già autore del bestseller internazionale Spillover, è avvenuto il salto del SARS-CoV-2.

Ora però uno studio che è il frutto di un’attività di ricerca durata 25 anni, sul campo e in laboratorio, dimostra nel dettaglio come avvengono questi processi, quali ne sono le cause e come è possibile prevederli, anche con un paio di anni di anticipo. A condurlo sono stati alcuni ricercatori statunitensi e soprattutto australiani, che volevano capire meglio il comportamento del virus chiamato Hendra, identificato nel 1994 in un sobborgo di Brisbane, in Australia, chiamato appunto Hendra, dove aveva colpito alcuni cavalli. Due degli addetti agli animali erano stati contagiati, ed erano morti per una sindrome simil-influenzale del tutto misteriosa. La caccia all’agente patogeno aveva portato a identificare questo nuovo virus nelle feci e nella saliva dei pipistrelli della zona, le volpe volanti nere (Pteropus alecto). Da allora, e in particolare dal 2003, periodicamente si sono registrati focolai di Hendra tra i cavalli australiani, e in qualche caso si è verificato uno spillover. In totale, sono state infettate sette persone, quattro delle quali sono decedute: un tasso di mortalità molto elevato, e preoccupante.

Per questo i ricercatori della Cornell University di New York e quelli della University of New South Wales hanno intrapreso un lavoro sul campo, cercando di raccogliere più campioni possibile delle diverse specie di pipistrelli della zona sudorientale dell’Australia, e allargando nel tempo l’area analizzata fino a raggiungere, in totale, 300.000 Km2; monitorando gli eventi atmosferici quali le alluvioni, le siccità e gli incendi, e quelli antropici quali la perdita di zone specifiche di foreste di eucalipto (le preferite dalle volpi volanti), l’andamento dell’agricoltura e così via; e incrociando infine i dati con quelli della presenza del virus Hendra nelle volpi volanti e degli eventuali spillover. Alla fine hanno composto un quadro sorprendentemente completo, illustrato sulla rivista scientifica Nature, che ha trovato una conferma importante in un evento inatteso.
Uno dei primi dati emersi, infatti, è stato il fatto che, in condizioni ottimali, e cioè con un buon accesso alle fonti di cibo, i pipistrelli ospitano pochissimi virus Hendra, spesso nessuno. Tuttavia, in seguito a eventi catastrofici quali le gravi siccità e gli incendi, che rendono il cibo meno accessibile e indeboliscono gli animali, il numero di virus aumenta in modo esponenziale nei pochi esemplari che sopravvivono, perché il sistema di questi animali debilitati, solitamente iperattivo, non funziona. Inoltre, le condizioni avverse spingono i pipistrelli ad avvicinarsi sempre di più alle zone urbane in cerca di cibo, ed è in quel caso che lo spillover diventa assai probabile. Questo è esattamente ciò che è successo più volte negli ultimi 25 anni, periodo nel quale i nidi di pipistrelli sono triplicati, ma le fonti di cibo si sono ridotte di un terzo: ogni volta che c’è stata una siccità, o una deforestazione, o un’alluvione o un incendio esteso, i casi di Hendra sono aumentati. Poi, nell’inverno 2018-2019 c’è stato l’evento eccezionale, che ha confermato lo schema proposto dai ricercatori. A seguito di una stagione di siccità supportata dal fenomeno tropicale noto come El Niño, cui sono seguiti vastissimi incendi, ci si aspettava un picco di casi. Ma, al contrario, il 2020 è stato un anno particolarmente tranquillo, da questo punto di vista. Come mai? La risposta è in un altro evento anomalo ma, in questo caso, favorevole ai pipistrelli: la fioritura degli eucalipti, cibo prediletto dalle volpi volanti che, a causa dell’aumento delle temperature, si è molto allungata, consentendo ai pipistrelli di non migrare e, anzi, richiamando oltre 240.000 di essi dalle città di nuovo verso le foreste. 

L’importanza del modello elaborato, hanno sottolineato alcuni esperti in un commento pubblicato ancora da Nature, risiede nel fatto che, date le variabili incluse, esso consente di prevedere che cosa succederà nei mesi successivi con una precisione mai vista in altre stime e questo, a sua volta, significa che è possibile predisporre misure preventive, a partire dai monitoraggi stringenti delle zone a rischio. Un modello del genere potrebbe essere applicato teoricamente a tutti i virus pericolosi dei pipistrelli, a cominciare dai coronavirus e da un altro patogeno raro ma spesso mortale, Nipah. 

Secondo tutte le previsioni, gli spillover saranno sempre più frequenti: poterli prevedere per tempo potrebbe diventare una delle armi più efficaci a disposizione per scongiurare il rischio di nuove pandemie.

Data ultimo aggiornamento 28 novembre 2022
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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