Questo sito utilizza cookies tecnici per l'analisi del traffico, in forma anonima e senza finalità commerciali di alcun tipo; proseguendo la navigazione si acconsente all'uso dei medesimi Ok, accetto

Gli scribi dell’antico Egitto soffrivano di artrosi delle ginocchia, del collo e dei piedi

Anche gli scribi dell’antico Egitto avevano una loro malattia professionale specifica: l’artrosi di alcune giunzioni e in generale il logoramento di diversi punti dello scheletro, strettamente associati al tipo di posizione assunta per anni, oltretutto in modo statico, durante l’espletamento delle loro funzioni. Lo dimostra uno studio unico nel suo genere, effettuato sui resti di 69 persone vissute nell’Antico Regno, e cioè tra il 2.700 e il 2.180 a.C., ad Abusir. Come riportato su Scientific Reports dagli archeologi dell’Università di Praga, in Repubblica Ceca, 30 di loro erano scribi, e analizzando le ossa questi ultimi hanno mostrato segni del tutto specifici, e diversi da quelli delle altre persone, che non svolgevano la stessa attività. Attraverso oltre 1.700 misurazioni di diversi parametri, gli autori hanno mostrato la presenza di logoramenti nelle articolazioni che collegano la mascella al cranio, probabilmente dovute al fatto che gli scribi masticavano di continuo le stremità degli steli di giunco con cui scrivevano, per mantenere il “pennino” in buone condizioni ottimali. Inoltre erano malmessi la clavicola destra, la parte superiore dell’omero (il braccio all’incontro con la spalla), il primo osso del metacarpo del pollice destro (per il pizzicamento continuo delle “penne”), la congiunzione tra coscia e ginocchiotutta la colonna, e poi anche l’omero e l’anca sinistra, entrambe le rotule e un osso specifico nella caviglia destra.

Le posizioni in cui gli scribi scrivevano erano sempre le stesse: lo facevano in piedi, oppure a gambe incrociate davanti o sotto i glutei, o incrociate davanti ma con una gamba – di solito la destra - sollevata, oppure con una delle due gambe piegata sotto i glutei e l’altra piegata vicino al petto, con i piedi e le braccia in varie posizioni e, sempre, con la testa e la colonna flesse. Così sono raffigurati in tutte le decorazioni, così probabilmente restavano per molte ore al giorno, tutti i gironi e per anni, e così acquisivano i danni che si vedono chiaramente nei loro scheletri.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 12 luglio 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



Warning: Use of undefined constant lang - assumed 'lang' (this will throw an Error in a future version of PHP) in /var/www/nuevo.assediobianco.ch/htdocs/includes/gallery_swiper.php on line 201

Notice: Undefined index: lang in /var/www/nuevo.assediobianco.ch/htdocs/includes/gallery_swiper.php on line 201

Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

Chiudi

Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

VAI ALLA VERSIONE COMPLETA