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Gli insetti resi sordi frenano la diffusione
delle zanzare vettrici di malattie infettive

C’è un approccio del tutto nuovo che potrebbe aiutare a controllare la diffusione delle zanzare che veicolano virus quali quello della dengue, quello di zika, quello della febbre gialla e altri: rendere le zanzare sorde. Uno studio pubblicato su PNAS dimostra infatti che, qualora i maschi non possano udire, la loro capacità di riproduzione è praticamente annullata. E questo significa che, nel giro di pochissime generazioni, non ci sono più zanzare femmine, che sono quelle che trasmettono i virus, mentre succhiano il sangue per alimentarsi. 

Nello specifico, un team di ricercatori dell’Università della California di Santa Barbara è partito dal fatto che i maschi della zanzare Aedes Aegypti, per trovare le femmine con le quali accoppiarsi, si basano sul rumore del battito di ali di queste ultime. Per tale motivo hanno provato a eliminare un gene chiamato trpVa, che codifica per una proteina cruciale per il senso dell’udito. Quindi hanno messo in una gabbia dei maschi sordi e delle femmine, e hanno verificato che cosa succedeva. Hanno così visto che questi individui non si avvicinano neppure alle femmine, nonostante la vicinanza, mentre zanzare maschi di controllo, messi nella stessa gabbia delle femmine, si accoppiano e si riproducono già dopo pochi minuti.

Approcci basati sulla modifica genetica degli insetti vettori sono in studio da anni e, in alcuni casi, soprattutto quando le alterazioni riguardano la riproduzione, hanno avuto anche un ottimo successo. A questi potrebbero presto aggiungersi quelli basati sul senso dell’udito, che potrebbero essere migliori perché meno invasivi per l’ecosistema: le zanzare sorde possono continuare a circolare e a impollinare, nonché a essere alimenti per altri animali.

Ogni anno nel mondo non meno di 400 milioni di persone si ammalano anche gravemente per una malattia virale trasmessa da Aedes Aegypti.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 30 novembre 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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