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Gli assorbenti potrebbero essere realizzati
con alginato e chitosano, due risorse marine

Gli assorbenti per le mestruazioni, che sono più o meno invariati da molti anni, come pure i tamponi interni e le coppette mestruali, presto potrebbero cambiare radicalmente, diventando al tempo stesso molto più sostenibili, più sicuri dal punto di vista delle infezioni, meno soggetti a perdite e a saturazione. E il merito è in due prodotti che arrivano direttamente dal mare: l’alginato delle alghe e il chitosano dei crostacei. L’alginato, zucchero usatissimo in cosmetica, nel settore alimentare e per i dispositivi medici (per esempio in odontoiatria), può infatti formare un idrogel che permette al sangue di non saturare l’assorbente e quindi di non uscire. Una volta utilizzato, poi, è del tutto innocuo, e può essere smaltito senza contaminare il suolo o le acque come invece fanno alcuni materiali plastici usati oggi nella composizione degli assorbenti. In più, per mantenere l’ambiente il più possibile sterile senza danneggiare la microflora batterica vaginale, si può ricorrere al trimetil chitosano, una molecola estratta dal guscio dei crostacei, dotata di qualità antisettiche e particolarmente efficace contro lo stafilococco aureo, il batterio che può provocare, per fortuna molto raramente, gravissime infezioni. E, a sua volta, il chitosano è perfettamente sostenibile. Con queste idee, i ricercatori del Politecnico della Virginia di Blacksburg hanno realizzato sia una polvere di alginato a catena lunga e glicerolo, da inserire negli assorbenti, chde diventa un idrogel a contatto con  liquidi, sia un materiale con cui rivestire le coppette. Come illustrato su Materials, i test in laboratorio hanno dato ottimi risultati. Il sangue mestruale è ricco di enzimi che evitano la formazione dei trombi, e non è facile trovare il modo di raccoglierlo senza alterare gli equilibri biochimici. Grazie alle alghe e ai crostacei sembra possibile farlo in modo assai più efficiente e sostenibile rispetto al passato. Presto dovrebbero partire le prime prove sulle volontarie.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 2 agosto 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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