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Gli antidiabetici della classe dell’ozempic aiutano a ridurre la dipendenza da oppioidi?

Per combattere la dipendenza da oppioidi ci potrebbe essere una classe di farmaci che sta vivendo un momento di assoluto successo, sia nella cura del diabete sia in quella dell’obesità, e che è sotto osservazione anche per il trattamenti delle dipendenze: quella dei cosiddetti agonisti di GLP-1, della famiglia del semaglutide, meglio noto come ozempic. Un piccolo studio presentato a un recente congresso dell’American Association for the Advancement of Science, condotto su una ventina di persone con dipendenza da oppiacei, sembra infatti indicare che chi è in terapia con un agonista di GLP-1, il liraglutide, mostra una diminuzione dei sintomi dell’astinenza del 30%, in un periodo di tre settimane. Come riferisce il sito Stat, inoltre, alcuni dei pazienti stavano già assumendo buprenorfina, un farmaco approvato per combattere la dipendenza, e costoro hanno avuto risultati anche migliori, arrivando ad annullare i sintomi dell’astinenza, come se l’efficacia dei due farmaci fosse sinergica.

Gli effetti collaterali non sono stati diversi da quelli già noti, prevalentemente dio tipo gastrointestinale, e responsabili dell’abbandono della sperimentazione da parte di 11 persone. 

Lo studio va considerato con cautela, sia per le sue dimensioni, sia perché su questi farmaci c’è una spinta commerciale enorme, ed è opportuno essere sembre vigili su possibili distorsioni. Inoltre, la sperimentazione è stata condotta in un centro di riabilitazione (Caron Treatment Center in Wernersville), e quindi in condizioni controllate, che possono essere molto diverse da quelle di chi affronta una dipendenza da oppioidi senza un controllo medico stringente, a casa.

Al tempo stesso, però, non è la prima volta che viene suggerito un effetto degli agonisti di GLP-1 sulle dipendenze; dati interessanti in tal senso sono già stati visti in diversi modelli animali con la dipendenza da alcol, fentanyl, eroina e da nicotina.

Il razionale biologico è il fatto che i recettori bersaglio di questi farmaci sono anche nel cervello, e la loro attivazione potrebbe quindi avere un effetto sulle dipendenze.

Per vederci più chiaro, comunque, gli autori dello studio, psichiatri dell’Università della Pennsylvania, stanno programmando una sperimentazione più estesa e controllata, che dovrebbe coinvolgere 200 dipendenti da oppioidi in cura con metadone o buprenorfina.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 28 febbraio 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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