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Gli antichi egizi operavano il cervello per curare traumi e tumori già 4.000 anni fa

Gli antichi egizi praticavano la neurochirurgia sia a fini terapeutici, sia in presenza di tumori, sia a fini riparativi, quando c’era stato un trauma. Questa la sorprendente scoperta fatta su due crani conservati nella collezione Duckworth dell’Università di Cambridge, di periodi diversi, uno dei quali risalente a circa 4.000 anni fa, che cambia la storia della medicina, e la conoscenza di ciò che gli straordinari medici egizi sapevano fare. Come illustrato su Frontiers in Medicine, gli antropologi delle Università di Tubinga, in Germania, Barcellona, in Spagna e della stessa Cambridge, hanno utilizzato una micro TAC, insieme ad analisi microscopiche di alcune parti delle ossa, sui due crani denominati 236 e E270, risalenti, rispettivamente, al 2687-2345 (Antico Regno) e al 663-343 a.C (ultimo periodo). E hanno trovato lesioni neoplastiche in entrambi e traumatiche in uno dei due.

In 236, un uomo attorno ai 30-35 anni, erano infatti presenti le lesioni tipiche da tumori e metastasi ossee. Ma, soprattutto, segni molto evidenti di tagli di interventi chirurgici effettuati con strumenti metallici nel periodo attorno al decesso, non si sa se subito prima o subito dopo, eseguiti forse per tentare di curare, o forse, dopo la morte, per capire le cause della malattia.

In E270, una donna di circa cinquant’anni, era presente una grande lesione tumorale, a conferma del fatto che anche allora si poteva vivere relativamente a lungo, e sviluppare tumori. E poi c’erano i segni di due traumi, ai quali la donna, che evidentemente era stata curata, era sopravvissuta. Tra l’altro, il riscontro di traumi da corpo contundente mette in dubbio l’idea che le donne non prendessero parte a professioni quali quella militare o altre che potevano comportare rischi, e anche da questo punto di vista la scoperta è considerata rivoluzionaria.

Gli antichi egizi, quindi, non solo tentavano di curare chirurgicamente le malattie che potevano interessare la testa, e che - nel caso dei tumori - erano identiche a quelle che colpiscono ancora oggi, ma probabilmente usavano i cadaveri per studiare le stesse, e cercare così nuovi rimedi e terapie. Già 4.000 anni fa.


Data ultimo aggiornamento 14 giugno 2024
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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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