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Gianvito Martino: lo stress riduce le nostre difese contro le malattie?

Lo stress psicologico può influenzare la nostra capacità di difenderci dalle malattie? Lo abbiamo chiesto a Gianvito Martino, direttore della Divisione di Neuroscienze dell’ospedale San Raffaele di Milano. Ecco la trascrizione della videointervista che ha rilasciato ad Assedio Bianco.

Non ci sono evidenze scientifiche incontrovertibili - spiega Martino - che possano spiegare come performance psichiche, positive o negative che siano, possano influenzare il funzionamento del sistema immunitario. Certamente quando c’è una iper-attivazione del sistema immunitario, per esempio durante una malattia infettiva, si registra la produzione di una serie di sostanze chiamate citochine, che in qualche modo alterano le percezioni psichiche del soggetto. Per esempio, durante una malattia si registrano momenti confusionali e di non particolare efficienza nei pazienti.
Esistono anche altre evidenze empiriche di questo collegamento: ne è un esempio il cortisone, usato normalmente per trattare una serie di malattie e somministrato come antinfiammatorio (cioè come farmaco in grado di frenare l’attività del sistema immunitario, ndr), che in determinate dosi e in certe situazioni può alterare le funzioni cognitive, cioè la capacità di percepire (anche se in situazioni transitorie).
E’ difficile, però, stabilire come lo stress psicologico nella realtà dei fatti possa agire sul funzionamento e sull’efficienza del sistema immunitario. Quindi, prima di affermare che lo stress agisce di per sé sul sistema immunitario, anche se le evidenze sono tante, bisogna approfondire le conoscenze rispetto a questo argomento.
Di fatto, però, esiste una disciplina, la psico-neuro-immunologia, che è stata creata ufficialmente nel 1975 proprio per studiare questo aspetto. Noi adesso conosciamo, diciamo così, la mente di un moscerino, forse. Anzi, neanche... Conosciamo bene la mente di un lombrico, che è fatta da circa cento, duecento o al massimo mille neuroni (cioè mille cellule nervose), e dobbiamo arrivare a conoscere una struttura, quella dell’uomo, che è fatta da cento miliardi di cellule nervose. Per darvi la dimensione di come siamo lontani dal poter capire queste cose, si calcola che il famoso progetto Brain Map Project - pubblicizzato nel 2013 da Obama, in qualche modo, come la panacea di tutti i mali - ci porterà con un investimento sostanziale di parecchi miliardi di dollari, in un periodo di 15 anni, a conoscere (forse) come funziona il cervello di un topo, che è fatto da 75 milioni di cellule.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 15 novembre 2014
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: Gianvito Martino



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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