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Formaggi e tacchino: il triptofano nella dieta aiuta a controllare le crisi di colite ulcerosa

Per prevenire gli attacchi di colite ulcerosa, si può cercare di avere una dieta specifica e, in futuro, potrebbero arrivare nuove terapie che sfruttano alcuni nutrienti in modo selettivo. Tacchino, maiale, ma anche noci e granaglie in genere, latte e formaggi, cioè alimenti ricchi dell’aminoacido triptofano sembrano infatti esercitare un importante ruolo protettivo. Lo suggerisce uno studio pubblicato su Nature Communications dai ricercatori della Jefferson University di Filadelfia, condotto per ora su modelli animali con la malattia. Da esso emerge che assumere per pochi giorni (nello studio: due settimane) una dieta ricca di triptofano significa aumentare molto una molecola del sistema immunitario chiamata GPR15, un recettore che riesce a tenere bassa la reazione autoimmune, riequilibrando le popolazioni di linfociti, e in questo modo riesce a controllare anche i sintomi. L’effetto dura almeno per una settimana dopo che si è tornati alla dieta normale, mentre è assai meno accentuato se la dieta viene iniziata durante una crisi acuta, fatto che candida la dieta a strumento preventivo, e non adatto al ruolo di terapia.

Naturalmente ora sarà necessario verificare su pazienti umani, ma la relazione tra GPR15 e il triptofano potrebbe motivare anche un approccio più strettamente farmacologico, cioè la somministrazione del solo aminoacido. Di solito si considera che 100 milligrammi al giorno sia la dose massima consigliabile, e secondo gli autori, in base alle dosi somministrate agli animali, potrebbe bastare anche per i pazienti. Lo studio prosegue, perché se i dati fossero confermati tutti i pazienti potrebbero avere a disposizione uno strumento non farmacologico (è un aminoacido), da utilizzare regolarmente, abituandosi ad avere una dieta ricca di triptofano, proprio per prevenire i peggioramenti tipici della malattia.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 28 novembre 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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