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Dal siero di un uomo morso centinaia di volte l’antidoto contro quasi tutti i serpenti

La storia di Tim Friede ha fatto il giro del mondo, per la sua originalità, anche se è stata descritta su una rivista scientifica. L’uomo, in un arco di tempo di 18 anni, si è fatto mordere - migliaia di volte - da 16 tra le specie di serpenti più velenosi del pianeta, compresi i mamba, i cobra, i serpenti corallo, i bungari, andando più volte in coma e soffrendo di reazioni di vario tipo e gravità. Oggi però il suo corpo è come una fabbrica di antidoti, che produce miliardi di anticorpi diversi e che ha permesso di fare alcune scoperte che potrebbero portare a un siero quasi universale. Come riferito su Cell, infatti, i ricercatori dei National Institutes of Health e dell’azienda Centivax hanno inizialmente testato il suo siero contro ognuno dei veleni singolarmente, inoculato un modello animale, per isolare gli anticorpi efficaci contro quella specifica tossica. In questo modo hanno costruito una library (cioè un database biologico) di anticorpi. Quindi hanno provato assortimenti di diverso tipo, fino a trovare un cocktail che sembra essere attivo contro 13 specie. La miscela è costituita da due anticorpi, il primo dei quali è chiamato LNX-D09, e neutralizza sei veleni. Inoltre è stata aggiunta una sostanza chiamata varespladib, già nota per contrastare alcuni veleni, che ha conferito resistenza ad altri tre. Infine è stato scelto un secondo anticorpo di Friede, chiamato SNX-B03, che ha esteso la copertura a 13 veleni. Secondo i ricercatori, probabilmente con un altro componente, per il momento misterioso, la copertura potrebbe essere globale, ma anche così il cocktail è riuscito a rendere inefficaci quasi tutti i veleni, e meno potenti quelli sui quali aveva agito in misura minore. 

Ogni anno i morsi di veleni letali uccidono almeno 100.000 persone e ne rendono invalide 3-400.000 e a oggi non esistono antidoti ad ampio spettro. Ora, grazie a Tim Friede, potrebbe arrivarne uno.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 9 maggio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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