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Epatite C, farmaci super ma troppo costosi

I costi elevatissimi impediscono a un gran numero di persone l’accesso ai farmaci di ultima generazione, che permettono di ottenere la guarigione in quasi il 98% dei casi. In molti Paesi i servizi sanitari limitano l’uso di questi medicinali

di Rossella Ivone

E’ una battaglia vinta a metà, quella contro l’epatite C. Da una parte infatti c’è la ricerca medica, che ha fatto progressi impensabili fino a qualche tempo fa. Dall’altra l’accesso alle cure coi nuovi farmaci, quasi impossibile per migliaia di malati nel mondo. Colpa dei costi elevati, che rendono un lusso questi medicinali.

Il prezzo varia di Paese in Paese: per un ciclo di antivirali di ultima generazione in Europa si arriva a pagare in media 35mila euro. Nei Paesi in via di sviluppo il trattamento costa meno di mille euro (una cifra comunque molto elevata per quei luoghi), negli Stati Uniti si paga cinquanta volte tanto.

«Con le nuove molecole la percentuale di guarigione è altissima - spiega Cristina Mussini, direttore della struttura complessa di malattie infettive dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Modena. - Si arriva infatti a sfiorare il 98% dei casi, contro il 5% di trent’anni fa, quando nemmeno esisteva il nome epatite C e questa malattia veniva solo chiamata "epatite non A, non B"».

Per debellare il virus basterebbe una pastiglia al giorno per tre mesi. E non ci sarebbero nemmeno effetti collaterali per i pazienti, a differenza di quanto succede con l’interferone, che spesso crea pesanti conseguenze sui malati, tanto che molti abbandonano il trattamento.

«L’arrivo dei nuovi antivirali è una rivoluzione - puntualizza ancora la professoressa Mussini, che è una delle organizzatrici del congresso Icar sull’Aids e i retrovirus (durante il quale si parlerà anche di epatite C e del problema dei costi), in programma a Riccione dal 17 al 19 maggio. - Le molecole sperimentate dalle varie aziende farmaceutiche consentono di sradicare il virus dell’epatite C (in sigla, HCV), che si annida nel citoplasma delle cellule. Questo significa che abbiamo varcato una frontiera inimmaginabile fino allo scorso decennio. Eppure i costi sono talmente elevati che i medicinali devono essere somministrati solo a un numero ridotto di pazienti, quelli più compromessi, perché altrimenti graverebbero troppo sui vari sistemi sanitari nazionali».

Stabilire quante sono le persone affette dal virus HCV nel mondo è molto difficile. «Per anni la malattia può rimanere asintomatica - continua la professoressa. - Salvo poi manifestarsi sotto forma di cirrosi, che può evolvere in tumore al fegato”. 

Le stime parlano di 1,5 milioni di malati di epatite C nel mondo, mentre ogni anno sono 500 mila i morti. I Paesi più colpiti restano quelli in via di sviluppo, ma si sta assistendo a un incremento dei casi anche in Nord Europa, a causa del ritorno delle droghe iniettate in vena, spesso con aghi non sterili.

«E’ come avere le mani legate, sapere di aver la possibilità di contare su prodotti capaci di eliminare una volta per tutte il virus e non poterli usare solo perché costano troppo - lamenta ancora Cristina Mussini. - I cittadini dovrebbero ribellarsi, dovrebbero farlo i malati e le loro famiglie e anche noi medici. Invece non ci resta che una sola cosa: sperare che la concorrenza anche in questo settore faccia la sua parte e generi un circolo virtuoso di abbassamento dei costi e soprattutto dei profitti, visto che i margini di guadagno che hanno oggi le aziende farmaceutiche sono davvero enormi».

Data ultimo aggiornamento 15 maggio 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: epatite C



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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