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In futuro gli eczemi dei bambini potrebbero essere contrastati con armi immunologiche

Una parte dei bambini che sviluppano una dermatite atopica o eczema potrebbe essere trattata con un approccio immunologico, e avere così sostanziale riduzione delle crisi o, potenzialmente, una loro scomparsa. Perché una parte di pazienti sviluppa forme che tendono a infettarsi a causa dello stafilococco aureo, batterio che si trova sempre sulla cute ma che, in caso di lesioni da dermatite, può infettare le stesse, e aggravare le crisi. E chi ha questo tipo di dermatite ha anche un sistema immunitario che reagisce, e che dà luogo a una vera e propria firma, cioè a un insieme di molecole immunitarie distribuite in modo specifico e misurabile. Per costoro, si potrebbe quindi pensare a una modulazione mirata del sistema immunitario.

La dermatite atopica colpisce circa un bambino su quattro. Contro di essa non ci sono cure specifiche, e le terapie consigliate possono solo alleviare le crisi più gravi, ma non impediscono le recidive e le complicanze come le infezioni. Per questo da anni si cercano soluzioni, che ora potrebbero arrivare dalle conseguenze di uno studio pubblicato su JCI Insight dai pediatri e immunologi del Trinity College di Dublino, in Irlanda. Analizzando dettagliatamente il sangue di 93 pazienti e soggetti sani di età compresa tra 0 e 16 anni, i ricercatori hanno infatti dimostrato che il quadro immunologico cambia molto a seconda che l’eczema sia caratterizzato dalla presenza di stafilococco o meno, in particolare per quanto riguarda le popolazioni di linfociti T. Inoltre, in entrambi i casi la situazione è diversa da quella di bambini e ragazzi che non hanno la dermatite atopica. Lo studio pone quindi importanti basi teoriche per la messa a punto di nuove terapie finalmente curative, e personalizzate che potrebbero partire, per esempio, da una soppressione o rimodulazione delle classi di linfociti T responsabili delle lesioni cutanee. Tra l’altro, se l’approccio si rivelasse efficace, potrebbe essere impiegato anche per le manifestazioni cutanee delle allergie, molto simili, dal punto di vista immunologico, a quelle della dermatite atopica, e per altre condizioni sempre cutanee scatenate da anomalie o iperreattività del sistema immunitario.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 13 maggio 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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