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Ecco le prove dell’esistenza della peste
in Gran Bretagna in resti di 4.000 anni fa

La peste era già presente in Gran Bretagna 4.000 anni fa. Lo hanno scoperto i ricercatori del Crick Institute di Londra, analizzando il DNA dei denti di 34 cadaveri ritrovati in due siti archeologici: nella certosa di Warren, nel Sommerset, e in un tumulo ad anello a Levens, in Cumbria. Il batterio responsabile, la Yersinia pestis, è stata infatti trovata nella polpa dentale di tre individui, due bambini morti a 10-12 anni, e una donna deceduta quando aveva 35-45 anni.

Non è la prima volta che si trova la peste in resti molto antichi: altri ritrovamenti in zone dell’Europa centrale e occidentale hanno fatto risalire le prime presenze a 5.000 anni fa, e poi di nuovo a 2.500 anni fa, cioè nel periodo compreso tra il tardo neolitico e l’età del bronzo, un altro ritrovamento ha mostrato la presenza della peste anche in Asia, 3.200 anni fa, ma è la prima volta che si dimostra che l’infezione, già allora, era arrivata anche nell’isola britannica.

Come riportato su Nature Communications, il patrimonio genetico è del tutto simile a quello degli altri ritrovamenti europei, e presenta alcune caratteristiche genetiche che fanno escludere la trasmissione principale attraverso gli insetti (tipica della peste nera, più tarda). E’ quindi plausibile che la peste, che in questa forma si trasmette soprattutto per inanazione di gooccioline infette (le droplet che tutti conoscono dopo il Covid) sia arrivata in Inghilterra tramite gli scambi commerciali, le guerre e le esplorazioni tra le due sponde della Manica.

Per quanto riguarda i siti, quello della Certosa era riservato a persone morte per traumi, forse in combattimenti, e si pensa perciò che il contagio sia avvenuto post mortem, proprio all’interno della sepoltura, per la presenza della Yersinia nel terreno o in uno dei corpi sepolti.

Capire l’evoluzione della presenza dei patogeni e la co-evoluzione con gli esseri umani è moto importante per studiare gli stessi oggi, e talvolta è alla base di nuove interpretazioni storiche, perché le malattie infettive sono state tra i grandi motori della storia (si pensi, per esempio, a ciò che ha rappresentato la peste di Giustiniano del VI secolo d.C., o quella detta nera qualche secolo dopo, a partire dal 1.300 e a oindate successive). Fino a pochi anni fa non era possibile condurre questi studi, perché il materiale genetico dei microrganismi presenti in resti molto antichi è estremamente fragile e non si riusciva a evitare che si degradasse, andando irrimediabilmente perduto. Tuttavia, oggi questo tipo di indagine non solo è possibile, ma ha raggiunto un livello di precisione impensabile fino a pochissimo tempo fa.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 13 giugno 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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