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Quando si è anziani la solitudine aumenta molto il rischio di sviluppare la sordità

La solitudine è un fattore di rischio a sé stante per la perdita di udito. Le due cose si amplificano a vicenda, rendendo ancora più pesanti le conseguenze di una socialità insufficiente e di una mancata capacità uditiva. Lo dimostra uno studio pubblicato su Health Data Science, nel quale i ricercatori della Tianjin University, del Shenyang Medical College, del Shengjing Hospital of China Medical University, e della Chinese University of Hong Kong hanno lavorato sui dati contenuti nel grande archivio UK Biobank, relativi e poco meno di 500.000 persone dell’età media di 56 anni circa, seguite in media per 12,3 anni. Confrontando la solitudine (autoriferita) con l’utilizzo di apparecchi acustici, si è visto che vivere una condizione di solitudine significa avere un aumento del rischio di perdere l’udito del 24%. Tale incremento prescinde da altri fattori tra i quali la predisposizione genetica alla sordità, l’uso di farmaci che danneggiano l’udito, la depressione, la presenza di altre malattie e così via, e colpisce più le donne degli uomini. Sui motivi del nesso ci sono ipotesi relative allo stato di infiammazione cronica che accompagna la solitudine, così come la pressione più alta, le risposte neuroendocrine allo stress, i comportamenti non sani e il maggior rischio di patologie croniche.

Infine, la sordità che più risente della solitudine è quella definita neurosensitiva, nella quale il danno principale è a carico del nervo acustico.

Anche per ridurre il rischio di sordità (a sua volta associato, per esempio, a un aumento di quello di Alzheimer), secondo gli autori sarebbe importante sostenere le strategie finalizzate a contrastare la solitudine di cui soffre un numero crescente di persone, non solo anziane.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 3 giugno 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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