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Dormire in stanze profumate: anche così
si può combattere la perdita della memoria

Per contrastare il declino della memoria e delle performance cognitive superiori tipico dell’età, può aiutare dormire in un ambiente dove sono diffusi alcuni aromi. Non lo sostiene qualche strampalata teoria new age, ma lo dimostra uno studio compiuto dai ricercatori dell’Università della California di Irvine pubblicato sull’autorevole rivista Frontiers in Neuroscience, che ha implicazioni che vanno anche al di là dell’aspetto terapeutico.

In esso una quarantina di uomini e donne di età compresa tra i 65 e gli 80 anni, senza deficit di memoria patologici, sono stati suddivisi in due gruppi, uno di trattamento e uno di controllo. A tutti sono stati forniti diffusori di essenze, e sette tipi di cartucce diverse, con gli oli essenziali di rosa, arancio, eucalipto, limone, menta rosmarino e lavanda, con la differenza che mentre le cartucce dei primi erano in concentrazioni ottimali, quelle dei secondi avevano solo tracce degli oli. A tutti è stato poi chiesto di accendere il diffusore, che durava due ore, prima di coricarsi, per un periodo totale di sei mesi, periodo durante il quale i ricercatori hanno controllato la quantità di olio presente nelle cartucce, e cioè che la persona avesse effettivamente acceso il sistema ogni notte. Quando gli autori, alla fine, hanno sottoposto i partecipanti a diversi test per la memoria e le performance cognitive, hanno visto un effetto spettacolare: i trattati avevano ottenuto punteggi superiori del 226%, rispetto ai primi. 

Lo studio, oltre a mostrare un metodo semplicissimo (non è necessario sottoporsi a sedute di inalazione, se l’aroma è diffuso mentre si dorme) e gradevole per contrastare il peggioramento della memoria dovuto all’età, conferma anche l’importanza del sistema olfattivo per il funzionamento del cervello. Non a caso, molte patologie neurodegenerative, tra le quali il morbo di Parkinson e quello di Alzheimer, iniziano proprio con una perdita eccessiva dell’olfatto rispetto all’età. Inoltre, il Covid, cui è associata l’anosmia, ha anch’esso fatto capire quanto stretti siano i rapporti tra le vie olfattive e il cervello.

Fino a prima della pandemia, le conoscenze erano davvero scarse, ma ora gli studi si stanno moltiplicando, motivati anche dalla necessità di trovare terapie più efficaci per i danni olfattivi provocati dal virus, che spesso persistono nel Long Covid, e dall’esigenza di saperne molto di più sull’olfatto in generale.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 16 agosto 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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