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Dopo un ictus, il sistema immunitario
può innescare (per errore) la demenza

Studio dell’Università di Stanford (Usa). I linfociti B, che normalmente non entrano nel cervello, trovano un varco e producono anticorpi dannosi

Le demenze che insorgono - con una frequenza superiore alla norma - nelle persone che hanno subito un ictus anche molti anni prima, e anche senza aver avuto danni alla sfera cognitiva, probabilmente hanno un’origine immunitaria.

L’importante scoperta è stata fatta dai ricercatori della Scuola di medicina dell’Università di Stanford, in California (Stati Uniti), che sul Journal of Neuroscience hanno riportato quanto osservato sugli animali da laboratorio e su frammenti di tessuto cerebrale prelevati a persone decedute, che avevano avuto un ictus e una successiva demenza.

Di norma i linfociti B (cellule importanti del sistema immunitario che, in risposta a un’"aggressione" di vario tipo, danno origine agli anticorpi), non entrano nel cervello, perché, essendo troppo voluminosi, non riescono a passare attraverso la barriera emato-encefalica, una sorta di rete di protezione che separa il cervello stesso dal resto del corpo. Tuttavia i ricercatori californiani hanno visto che, qualche settimana dopo l’ictus, il cervello degli animali che avevano subìto questo danno cerebrale, conteneva molti linfociti B, a differenza di quello che accadeva negli animali sani. Probabilmente – questa l’idea – l’ictus fa sì che il tessuto della barriera emato-encefalica si allenti e lasci passare anche i linfociti B, i quali si insediano nel cervello, e lì secernono anticorpi, causando infiammazioni che creano nuovi danni, in un circolo vizioso che alla fine può favorire la demenza.

I ricercatori americani hanno anche visto, studiando animali da laboratorio privi di linfociti B (per una modifica genetica), che questi esemplari non sviluppano mai la demenza, dopo l’ictus. Lo stesso accade agli animali trattati con farmaci come il rituximab, che bloccano i linfociti B.

Verificando poi i campioni di tessuti prelevati a 21 persone morte, che avevano avuto ictus e demenza, gli studiosi hanno confermato che in 12 casi erano presenti linfociti B vicino alle zone del cervello danneggiate. Non sono state trovate, invece, tracce di queste cellule nei campioni prelevati, durante le autopsie, a 9 persone prive di demenza.

E’ presto per dire se e quando questa scoperta si tradurrà in terapie, ma i dati sono incoraggianti, perché esistono già farmaci in grado di bloccare i linfociti B - e dunque, potenzialmente, di frenare anche l’insorgenza della demenza dopo un ictus .

 

Data ultimo aggiornamento 5 febbraio 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: demenza, ictus, linfociti B



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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