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Dal trapianto fecale speranze
per la colite ulcerosa

di Giovanni Sabato

All’elenco delle possibili terapie per la colite ulcerosa potrebbe presto aggiungersene una finora poco sperimentata ma oggetto di grande interesse: il trapianto fecale, ossia di popolazioni selezionate di batteri della flora intestinale provenienti da donatori sani. Per la prima volta, infatti, uno studio condotto su pazienti in cui l’efficacia del trapianto di feci è stata confrontata con quella della somministrazione di un placebo ha dimostrato che questo approccio funziona, e che aiuta a ridurre sensibilmente l’infiammazione e le conseguenti crisi di colite ulcerosa.

Lo studio in questione è stato pubblicato su Gastroenterology da un gruppo di ricercatori della McMaster University di Hamilton (Canada). Alla base dell’insolito trattamento che è stato sperimentato c’è il fatto che a innescare la colite ulcerosa è una reazione immunitaria contro alcuni batteri intestinali. Proprio da questa conoscenza è nata l’idea di agire sulla malattia potenziando la popolazione di batteri innocui a scapito di quelli pericolosi.

Dopo aver condotto molti controlli incrociati sugli animali, esposti a estratti di materiale fecale umano di diversi tipi, i ricercatori sono giunti alla conclusione che quando tale materiale proveniva da soggetti sani ed era particolarmente ricco di alcune specie batteriche era possibile far regredire la malattia. Per questo hanno deciso di utilizzare la stessa metodica per trattare 75 pazienti con una grave colite ulcerosa. Per sei settimane a ciascun paziente sono stati somministrati, una volta alla settimana, del materiale fecale o un placebo, mediante un clistere; al termine del trattamento il 24% dei pazienti che hanno ricevuto i batteri “buoni” ha avuto una remissione, percentuale significativamente maggiore rispetto al 5% rilevato fra coloro che hanno ricevuto il placebo.

I ricercatori hanno notato che l’efficacia del trapianto dipende molto dal donatore e che aumenta se la diagnosi della malattia è recente. Ora gli studi proseguiranno per cercare di aumentare ulteriormente la percentuale delle remissioni variando la composizione dei clisteri. La speranza è che questa cura, associata a rischi praticamente nulli, possa rappresentare un’opzione terapeutica in più per chi convive con la colite ulcerosa.  

Data ultimo aggiornamento 14 luglio 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: colite ulcerosa



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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