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Così gli studi sugli astronauti possono
aiutare anche la medicina sulla Terra

(Foto dell’agenzia iStock)

di Agnese Codignola

Quella che è stata ufficialmente inaugurata alcune settimane fa dalla rivista Nature, con un insieme di 44 studi arricchiti da video, infografiche, commenti, protocolli e quant’altro, chiamato SOMA package, potrebbe essere l’inizio di una nuova era, per l’astromedicina e l’astrobiologia, cioè per quella parte delle scienze biomedicali che studiano il comportamento del corpo umano in condizioni di microgravità, oppure di assenza di gravità e in seguito all’esposizione alle radiazioni cosmiche, per periodi di tempo che vanno da pochi giorni a oltre un anno. L’utilizzo delle tecnologie più avanzate e dei sistemi di intelligenza artificiale (AI) sta infatti facendo fare passi in avanti molto rapidi a queste materie, e fornendo alcune delle risposte che i ricercatori attendevano da anni, e che riuscivano a ottenere in modo parziale, costoso, lento e frammentario, perché tutto o quasi era affidato a ciò che si riusciva a fare in atmosfera, o nei pochi centri di simulazione presenti sulla Terra.

Per capire quale rivoluzione sia in corso, ci si può collegare con il sito ufficiale di SOMA, acronimo che sta per Space Omics and Medical Atlas, un consorzio messo in piedi da oltre cento istituzioni di più di 25 Paesi, e un archivio nel quale da ora in avanti saranno ospitati, in modalità open, tutti i dati, i protocolli, le osservazioni, gli studi che riguardano gli aspetti molecolari, genetici, fisiologici, fenotipici e patologici dell’organismo umano nello spazio, al fine di accelerare e razionalizzare le ricerche.

Tra le novità, il database contiene i dati del primo equipaggio commerciale rimasto in orbita sulla navicella di Space X Inspiration4, a 575 km di distanza dalla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), per quattro giorni, in parte sovrapponibili e in parte diversi da quelli per così dire classici, raccolti dagli astronauti che sono rimasti sull’ISS per settimane, mesi a in alcuni casi un anno e più.

La piattaforma contiene poi i dati dell’Open data Repository della NASA, e di altri quattro portali creati ad hoc nei quali si trovano, per esempio, i risultati di uno degli studi più noti e interessanti condotti finora, quello sui gemelli Kelly, il Twins Studyuno dei quali rimasto a Terra, l’altro nell’ISS per mesi.

Proprio grazie alla collaborazione internazionale e alle possibilità offerte dalle tecnologie, SOMA sta razionalizzando i risultati ottenuti negli ultimi anni, e permettendo di andare avanti molto in fretta, spesso polverizzando record precedenti. Per esempio, ha fatto aumentare di dieci volte la quantità di sequenze decrittate con le tecniche di Next Generation Sequencing (NGS), e di quattro volte il numero di sequenziamenti di singole cellule. Ha portato a 2.911 il numero di campioni analizzati provenienti da una sola missione, e ha aiutato a definire una metodologia per il sequenziamento degli RNA e per gli studi di proteomica (basati sullo studio dell’insieme delle proteine presenti in un campione) sui campioni degli astronauti. 

Inoltre, ha dato vita alla prima biobanca spaziale, cioè di materiali biologici provenienti da persone che sono rimaste in orbita, o da animali sottoposti a esperimenti in condizioni che simulavano quest’ultima, presso la Weill Cornell University di New York: un passaggio davvero fondamentale, per gli studi attuali e per quelli futuri.

I 44 STUDI - Senza entrare nel dettaglio, è possibile delineare alcuni dei principali risultati contenuti nel “package”, suddividendo gli ambiti. Lo ha fatto Nature, corredando le sintesi con schemi e infografiche che aiutano a comprendere immediatamente il tipo di approfondimento pubblicato.

STUDI DI TRASCRITTOMICA - È noto da tempo che la permanenza in orbita comporta perdita di densità ossea e massa muscolare, a cambiamenti nel cervello, nella cute e nei bulbi oculari, oltre all’attivazione del sistema immunitario, alla distruzione dei mitocondri, al rimaneggiamento dei telomeri, a effetti di vario tipo su RNA e DNA, e ad aumenti del rischio di danni a vari organi. Gli studi appena pubblicati, grazie all’approccio proteomico, e cioè alla descrizione dell’insieme delle proteine presenti in un certo campione, affrontano nel dettaglio alcuni di questi cambiamenti quali, per esempio, quelli a carico dei muscoli, quelli della cute, quelli del metabolismo dell’insulina e del ciclo degli estrogeni, nonché quelli sui reni (risultati più gravi di quanto si pensasse finora, anche per permanenze brevi). Inoltre, sono state effettuate ricerche sull’invecchiamento e la fragilità, che nello spazio accelerano, e sulle modifiche della trascrizione dei geni associati alle risposte allo stress e alle infiammazioni (le informazioni contenute nel DNA, per potersi esprimere nella produzione di proteine, devono essere trascritte dall’RNA. La disciplina che studia tutto questo viene definita trascrittomica).

STUDI DI EPIGENOMICA - Le ricerche che appartengono a questa sessione hanno indagato, nello specifico, anche i cambiamenti che intervengono nel nucleo delle cellule del sistema immunitario come i linfociti T e i monociti in risposta all’esposizione ai raggi cosmici che, per quanto schermati all’interno delle navicelle spaziali, raggiungono ugualmente, almeno in parte, gli astronauti. Gli effetti sono rilevanti, così come lo sono quelli sui telomeri, le sequenze che determinano la durata della vita e che proteggono dai tumori e che, dopo una permanenza nello spazio, risultano danneggiati. Queste modifiche al DNA indotte da fattori esterni (definiti epigenetici) vengono studiati da una disciplina (in continua e rapida evoluzione) chiamata epigenomica.

Tra le scoperte, si è visto poi che le donne, una volta rientrate sulla Terra, recuperano più in fretta rispetto agli uomini.

I danni e le modifiche all’espressione dei geni, inoltre, si vedono già nei passeggeri di Inspiration4, quindi dopo quattro soli giorni. Inoltre, i dati ottenuti dai quattro membri della spedizione commerciale, che hanno raccolto per tutta la durata del viaggio propri campioni di sangue e urine, hanno eseguito ecografie e altri test su se stessi, sono sovrapponibili a quelli visti nello studio sui gemelli, uno dei quali (Scott) era rimasto per un anno, tra il 2015 e il 2016, sull’ISS, mentre l’altro, Mark, era rimasto a Terra. Bastano dunque poche ore perché l’organismo inizi a risentire della mancanza di gravità.

CELLULE - In questa sessione a finire sotto osservazione sono state, per ora, le diverse tipologie di cellule del sistema immunitario, considerate nelle loro dinamiche complessive. Anche in questo caso, i dati di Inspiration4 hanno fornito risposte importanti, perché hanno mostrato che, anche da questo punto di vista, bastano poche ore per vedere le prime modifiche, e perché i dati sono in accordo con quelli ottenuti sia dallo studio dei gemelli che in altri progetti. 

Sono stati effettuati, inoltre, approfondimenti anche sull’insulina e sugli estrogeni, e un confronto con quanto si osserva nei modelli animali tenuti in condizioni di microgravità, soprattutto dal punto di vista del metabolismo degli ormoni sessuali, del sistema endocrino e di quello immunitario.

Infine, sono state condotte indagini sull’apparato riproduttivo femminile.

MICROBIOTA E MOVIMENTO - Gli studi di questa parte hanno confermato quanto già osservato in altre ricerche in ambiti ristretti come le squadre sportive, e cioè che, nel tempo, i microbiota delle persone che convivono tendono ad assomigliarsi sempre più. Il microbiota cutaneo, poi, mostra attivazioni dei linfociti e scambio di popolazioni batteriche tra un astronauta e l’altro. Ancora una volta, questi fenomeni iniziano dopo poche ore.

LA RISPOSTA DEI MITOCONDRI - I mitocondri sono le centrali energetiche delle cellule, e contengono materiale genetico specifico, e proveniente solo dal DNA della madre. In questo caso, è emersa una differenza tra voli brevi e lunghi. In questi ultimi si osserva infatti un aumento significativo sia dell’RNA che del DNA mitocondriale, ma in Inspiration4 non è accaduto nulla del genere.
Alcune proteine tipicamente associate al cervello sono state trovate nel plasma dei membri dell’equipaggio di Inspiration4, confermando la firma cerebrale già vista nello studio giapponese JAXA, così come in quello sui gemelli.  

CONTROMISURE PER ARGINARE I RISCHI - Questi studi sono focalizzati sulle possibili strategie per prevenire i danni al cuore, al cervello, alle ossa e così via. E ciò significa, per esempio, che vi rientrano ricerche su nuovi farmaci, come quelli genetici (in primo luogo i regolatori dell’espressione delle proteine miRNA) e nuovi utilizzi di farmaci già esistenti (riposizionamenti), e interventi sull’epigenetica, cioè sull’espressione dei geni, per esempio attraverso la dieta.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE - Via via che le ricerche e le missioni si estendono oltre l’orbita terrestre bassa, gli esperimenti e le piattaforme devono essere automatizzati al massimo, ed essere resi leggeri, agili e intelligenti, per accelerare i tempi e supportare le operazioni di missione. Tutto ciò è reso possibile da sistemi di AI. Inoltre, per mitigare efficacemente i rischi per la salute, sono necessari cambiamenti di paradigma suggeriti anch’essi dall’AI. I risultati così ottenuti possono essere di grande aiuto anche alla medicina sulla Terra, che potrà avvantaggiarsi dei procedimenti ottimizzati in orbita. Gli studi di questa sessione sono incentrati quindi sulla sperimentazione di programmi e algoritmi per il monitoraggio in tempo reale, sulla Terra, di ciò che sta avvenendo in quota, e messi alla prova sia su quanto proviene dagli equipaggi che su animali che vivono in condizioni simulate, in particolare, in questa fase, per verificare le condizioni dei muscoli e del fegato.

ETICA E PROSPETTIVE - Infine, una delle parti più innovative e interessanti riguarda le questioni etiche, in alcuni casi del tutto inedite, sollevate dalla permanenza nello spazio. Le tematiche sono relative alla protezione degli astronauti: per esempio, è necessario avere il loro consenso informato sui test cui saranno sottoposti, e non fare nulla che possa danneggiare la loro salute. È indispensabile fare sempre un bilancio tra i possibili rischi e i possibili benefici degli esperimenti, e organizzare un sistema di tutela della privacy e dei dati anche genetici di chi presta il proprio corpo all’astromedicina. Infine, bisogna predisporre tutto il possibile per preservare la salute a bordo, a cominciare da adeguate scorte di farmaci. Il SOMA package contiene già diversi articoli su questi temi.

VERSO LA SECONDA ERA SPAZIALE - La parte finale della sintesi è dedicata al prossimo futuro. Si legge infatti: “La recente accelerazione dei voli spaziali commerciali, privati e internazionali, ha creato un livello senza precedenti di attività nell’orbita terrestre bassa (LEO) e, contemporaneamente, la pianificazione del numero più alto mai registrato di missioni con equipaggio. Un avanzamento così rapido nello spazio da parte di molte nuove aziende, Paesi ed entità ha fatto entrare l’umanità nella “Seconda Era Spaziale”. 

Questa era è pronta a sfruttare, per la prima volta, strumenti e metodi moderni della biologia molecolare, che stanno abilitando la medicina aerospaziale di precisione per gli equipaggi, nuovi metodi tecnologici e computazionali per modellare la vita, nuovi veicoli spaziali pesanti per consentire missioni interplanetarie (come la Crocco flyby, che dovrebbe consentire di raggiungere tre pianeti in 18 mesi, e cioè Terra, Marte - per due volte - e Venere, nel 2033) e sistemi per il rilevamento, il dispiegamento e la protezione della vita su altri mondi.

L’ultimo grafico mostra questa realtà: dal 1960 a oggi le missioni sono sempre aumentate, ma tra il 2020 e il 2030-40 raggiungeranno un numero mai visto prima, con la partecipazione di numerosi Paesi. 

Data ultimo aggiornamento 13 luglio 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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