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Coronavirus, quattro i vaccini
in sperimentazione sull’uomo

di Agnese Codignola

La notizia non è giunta inattesa: come già preannunciato, il 23 aprile l’Università di Oxford ha iniziato i primi test sull’uomo del suo vaccino anti Covid-19, sviluppato in collaborazione con l’azienda italiana Advent-IRBM. Il primo campione comprende 550 volontari, cui dovrebbero fare seguito nei prossimi mesi, se tutto andrà come sperato, altri 5000, per giungere già in autunno a vaccinare una prima fascia di popolazione, forse quella del personale sanitario.
Il consorzio italo-britannico raggiunge così le altre tre sperimentazioni già avviate: quelle delle americane Moderna (la prima in assoluto ad arrivare ai test nell’uomo) e Inovio, e quella della cinese CanSino. Ma queste sono solo 4 delle 70 presenti nella lista ufficiale dell’OMS, e delle oltre 100 allo studio in tutto il mondo: una vera e propria esplosione di prodotti tra i quali, si spera, potrebbe annidarsi quello o quelli vincenti. Ma come mai, a pochissime settimane dalla scoperta della pandemia, ci sono già così tanti candidati?

BIOLOGIA SINTETICA - Per capire che cosa abbia dato impulso a una corsa al vaccino mai vista prima bisogna fare un passo indietro e tornare al 2013, anno in cui, dopo una segnalazione delle autorità cinesi su un focolaio di influenza aviaria H7N9, e la pubblicazione della relativa sequenza, nel giro di una settimana si giunse a un prototipo di vaccino, grazie alla biologia sintetica. Prima di allora, il tempo medio per raggiungere lo stesso risultato era stimato in 15-20 anni, ma in seguito allo sviluppo delle tecniche di sequenziamento dei geni e di assemblaggio degli stessi, cioè della biologia sintetica appunto, ricreare una proteina è diventato semplice e fattibile da parte di qualunque laboratorio. Perciò, una volta nota la sequenza del patogeno, si cerca di individuare la proteina che può stimolare la risposta immunitaria e, a quel punto, la si produce in vitro, oppure si produce il materiale genetico che codifica per essa, e poi si cerca il sistema migliore per veicolarla all’interno del corpo umano. Nel caso del SARS-CoV-2 (il virus che provoca Covid-19), anche in base a quanto scoperto con gli altri coronavirus (tra i quali quelli della SARS e della MERS), la stragrande maggioranza degli esperti ritiene che la proteina vincente sia quella delle spine o Spike (presenti sulla capsula del virus), e su di essa puntano quasi tutti i vaccini da quando, alla fine di gennaio, è stata resa nota la sequenza. 

STRATEGIE DIVERSE - Ciò spiega perché ci siano così tante varianti: qualcuno, come il consorzio Advent-IRBM/Università di Oxford, cerca di introdurla attraverso virus di altro genere (nel caso specifico un adenovirus del raffreddore reso inattivo), inoffensivo, nei quali essa è inserita; qualcun altro, come Moderna, cerca di veicolare lo specifico segmento di RNA; altri, come la Inovio, quello di DNA, mentre altri ancora puntano, per esempio, sulla somministrazione non della proteina ma del Covid-19 reso innocuo, o su quella di particelle simili ad alcune particelle del coronavirus, dette Virus-like-particles. In alcuni casi c’è poi bisogno di un adiuvante, cioè di una sostanza che potenzi la risposta, in altri no, mentre alcuni puntano su una produzione potenzialmente sicura e molto efficiente: quella nelle piante di tabacco geneticamente modificate. Ce n’è insomma per tutti i gusti, anche se via via che si procede con gli esperimenti il numero dei candidati è destinato ad assottigliarsi, sia per motivi economici (condurre gli studi nell’uomo è molto dispendioso e richiede partnership con centri clinici e complessi procedimenti burocratici), sia perché alcuni tentativi sono probabilmente destinati a fallire, e sia perché il primo requisito, per un vaccino che si pensa di somministrare a milioni di persone, è quello dell’assoluta sicurezza, e non tutti potrebbero superare questo tipo di controlli.

ALMENO 12 MESI - Per quanto riguarda i tempi per giungere ad avere un vaccino per tutti o quasi, anche se alcune aziende si stanno attrezzando per la produzione su larga scala in modo da comprimerli, per ora la stima più attendibile è quella accettata anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, e cioè 12-18 mesi. Infatti, anche qualora fosse identificato presto il vaccino più sicuro ed efficace, non sarà facile produrne centinaia di milioni di dosi e poi distribuirle a un prezzo equo in tutto il mondo. Non a caso una parte sostanziale della comunità scientifica chiede fin da ora impegni precisi in questo senso, per evitare che gli stati dove si troverà il laboratorio o l’azienda che dovesse raggiungere l’obbiettivo attuino politiche amministrative o tariffarie che penalizzino il resto del mondo.
Nessuno può comunque garantire che si giungerà presto a un vaccino. Per ora è una speranza, sostenuta dal lavoro di decine e decine di ricercatori e da investimenti che potrebbero fare la differenza rispetto ad altre malattie per le quali non ne esiste ancora uno.

Data ultimo aggiornamento 23 aprile 2020
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


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Tags: coronavirus, Covid-19



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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