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Con la microgravità i muscoli invecchiano drammaticamente in sole due settimane

Uno dei motivi per i quali la presenza stabile dell’uomo su pianeti distanti come Marte, ma anche su corpi celesti vicini come la Luna, per ora è più che altro propaganda, sono gli effetti sul corpo umano della permanenza in assenza di gravità e sotto piogge di radiazioni per periodi che vadano oltre qualche ora o al massimo giorni. L’uomo si è evoluto per vivere in condizioni molto diverse da quelle dello spazio, e non riesce ad adattarsi senza risentirne pesantemente.

Tra gli organi e i tessuti che vengono danneggiati anche solo dalla microgravità vi sono senza dubbio i muscoli, e infatti gli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) devono necessariamente esercitarsi per almeno due ore al giorno, se vogliono evitare la condizione nota come cachessia, nella quale i muscoli si riducono moltissimo fino a morire. E anche così, la loro muscolatura si indebolisce molto. E ora uno studio pubblicato su Stem Cell Reports aiuta a capire perché i muscoli siano così vulnerabili, e che cosa succede. 

I ricercatori di hanno inviato sull’ISS un laboratorio in miniatura con la missione SpaceX CRS-25, che conteneva colture di cellule muscolari di individui giovani e attivi, oppure anziani e sedentari, e oltre al nutrimento forniva stimoli elettrici, per simulare l’attività muscolare. Dopo due sole settimane, le colture di cellule muscolari giovani, che sulla Terra hanno una forza di contrazione doppia rispetto a quelle degli anziani, erano diventate come quelle degli anziani, e la stessa tendenza si vedeva per la forza e per il contenuto totale di proteine. In più, cambiava l’espressione di ben 86 geni coinvolti nelle funzioni muscolari. La buona notizia è che lo stimolo elettrico, e quindi l’esercizio, sembra capace di rallentare, se non contrastare il declino.

Lo studio continua, anche perché quanto osservato aiuta a capire la cachessia sulla Terra, ma di certo pensare di inviare esseri umani nello spazio per anni (circa tre quelli previsti, tra andata e ritorno, per un viaggio verso Marte, senza contare eventuali permanenze) almeno per ora è più che altro un esercizio, sì, ma intellettuale.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 23 luglio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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