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Come funziona davvero il senso dell’olfatto?
Lo chiarisce (in parte) uno studio della Sissa

La pandemia ha fatto capire qualcosa di cui, fino ad allora, non c’era una chiara percezione: sappiamo sorprendentemente poco di come funzioni l’olfatto. Tra i sintomi della fase acuta del covid si è infatti subito fatta strada l’anosmia, cioè la perdita temporanea di olfatto, così come tra quelli del Long Covid ci sono – e rivestono un ruolo di grande importanza – la parosmia, cioè il recupero di un olfatto del tutto distorto, e la fantosmia, cioè il fatto di sentire odori inesistenti. Ma per tutte le migliaia di persone che hanno sofferto e soffrono di questi gravi disturbi, che compromettono pesantemente la qualità di vita, non c’era alcun rimedio realmente efficace, a parte lunghe sedute di rieducazione olfattiva. Di più: non si capiva neppure con esattezza a che cosa fosse dovuto questo danno specifico. Negli anni precedenti, infatti, l’esiguità dei casi (in genere dovuti a tumori o a gravi traumi) aveva fatto sì che anche gli studi fossero stati sempre pochi.

Per questo il lavoro fatto dai ricercatori della SISSA (Scuola Internazionale di Studi Superiori Avanzati) di Trieste, in collaborazione con gli otorinolaringoiatri dell’Ospedale della stessa città, appena pubblicato su iScience, è di grande rilevanza. Il gruppo guidato da Anna Menini, infatti, per la prima volta ha eseguito una serie di registrazioni della conduzione degli impulsi elettrici che partono dalle mucose nasali e vanno al cervello, distinguendo le reazioni ai diversi tipi di odori quali il cineolo e l’eugenolo (che compongono l’odore di eucalipto), il limonene (che caratterizzano il limone), l’isoamil-acetato (molto usato dall’industria alimentare e presente nella banana) e altri aromi presenti negli alimenti e nell’ambiente. E - ciò che più conta, e che non era mai stato fatto prima - hanno registrato le correnti elettriche da minuscole porzioni di mucosa nasale prelevata in interventi chirurgici, potendo così studiare situazioni del tutto reali. Tra l’altro, hanno confermato che le cellule vicine a quelle  del nervo olfattivo, considerate a lungo solo di supporto, in realtà che non sono affatto inerti e, tra l’altro, sono piene di recettori ACE2, ai quali si attacca Sars-CoV 2. Il prossimo passo dovrebbe essere quello di studiare le mucose di persone con il Covid, ma già oggi il fondamentale senso dell’olfatto è un po’ meno misterioso, grazie allo studio della SISSA, e ciò significa chde presto potrebbero esserci terapie mirate per i suoi disturbi.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 27 luglio 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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