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Zinco per prevenire e curare il raffreddore: non ci sono prove che il rimedio funzioni

Non è affatto detto che lo zinco aiuti a curare o a prevenire il raffreddore, perché finora i dati disponibili sono estremamente variabili, e non consentono di giungere a conclusioni definitive.

Fino dagli anni ottanta si è diffusa la credenza che lo zinco, elemento che si trova in molti alimenti e di cui, in assenza di carenze nutrizionali, c’è un apporto sufficiente con la sola dieta, potesse essere efficace nell’inibire la replicazione di alcuni dei virus che causano il raffreddore. Ma le prove che ciò avvenga sono state ottenute solo in vitro, o in modelli animali: mai nell’uomo. Ciononostante, si sono presto diffusi supplementi delle più varie tipologie e dosaggi come pastiglie, spray, sciroppi e altro, con indicazioni sia preventive che terapeutiche. Ma funzionano davvero?

 Per scoprirlo, i ricercatori della Cochrane Collaboration, circuito internazionale di esperti che valuta gli studi di qualità migliore per capire se sia possibile o meno dedurne indicazioni cliniche fondate, ha analizzato 19 studi nei quali lo zinco è stato utilizzato a scopo curativo e 15 nei quali la finalità era preventiva, per un totale di oltre 8.500 persone coinvolte. Hanno così visto che non c’è uno standard, negli studi, non solo nella formulazione e nel dosaggio, ma anche nei parametri misurati, che ognuno ha definito a modo suo. Sono stati considerati periodi più o meno lunghi, con assunzioni di vario tipo e durata di preparati di vario tipo, e per questo si può solo dire che lo zinco potrebbe accorciare di un paio di giorni la durata del raffreddore, ma le prove sono molto deboli.

Tutto il resto non è dimostrato, soprattutto l’effetto preventivo: per capirlo occoreranno studi molto più razionali, e condotti su parametri oggettivi come il tipo di sintomo.

Ci sono però effetti collaterali come i disturbi intestinali, la nausea e il gusto metallico, anche se, per ora, non ne sono emersi di gravi.

Prima di assumere zinco si dovrebbe consultare il proprio medico, concludono gli esperti, in attesa che i numeri confermino o meno che questo può essere utile.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 15 maggio 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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