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L’agopuntura combatte la nocturia di cui soffre chi ha avuto un tumore alla prostata

Le persone curate per un tumore alla prostata in un caso su due soffrono di nocturia, cioè della necessità di alzarsi di notte almeno una volta per urinare. Per contrastare il fenomeno, di solito si consigliano medicinali come la desmopressina o farmaci antimuscarinici o alfa bloccanti. Tuttavia, i risultati non sono sempre quelli attesi, mentre gli effetti collaterali possono spingere i pazienti ad abbandonare la cura. Ora però dalle pagine di JAMA Oncology arriva una proposta alternativa, suggerita dagli urologi del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York: l’agopuntura.

Gli autori hanno selezionato 60 pazienti, e ne hanno trattati due terzi con l’agopuntura (applicata in 11 punti, più altri in casi specifici e in certi punti con l’applicazione di corrente) per dieci settimane, lasciando l’altro terzo in una lista d’attesa, come controllo. Il risultato è stato che l’agopuntura è stata molto più efficace della semplice attesa sia durante le dieci settimane di cura sia fino a un mese dopo, nel ridurre il numero di episodi di nocturia. Di fatto, ha portato a risultatati del tutto sovrapponibili a quelli che si ottengono con i farmaci, senza gli effetti collaterali.

Per questo potrebbe essere presto consigliata a tutti i pazienti, se ulteriori studi su campioni più ampi confermeranno quanto emerso ora.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 23 giugno 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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