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Chi vuole diventare padre deve smettere
di bere alcolici almeno tre mesi prima

Gli uomini che desiderano diventare padri dovrebbero smettere di bere alcolici tre mesi prima del concepimento, perché gli effetti dell’interruzione dell’assunzione di alcol impiegano circa un mese per essere completi, cui si devono aggiungere due mesi nei quali, in media, lo sperma è totalmente rinnovato. 

Storicamente, la responsabilità della cosiddetta sindrome alcolica fetale, che si manifesta con alterazioni nel viso e nello sviluppo cerebrale del bambino, iperattività e scarso coordinamento, basso peso o altezza alla nascita, è stata attribuita esclusivamente al fatto che la madre bevesse alcolici in gravidanza. Da qualche anno, tuttavia, è sempre più chiaro che anche quando è il padre a bere ci sono conseguenze negative, sia sulla sindrome alcolica fetale che per quanto riguarda l’integrità e la funzionalità della placenta, lo sviluppo del sistema nervoso e, in caso di fertilizzazione in vitro, sulle chance di portare a termine la gravidanza. Ora un nuovo studio, pubblicato su Andrology, ed effettuato su modelli animali, conferma che è effettivamente così. Assumendo una quantità di alcol simile a quella che un uomo potrebbe consumare bevendo 3-4 birre qualche sera alla settimana, nell’organismo si instaurano diversi processi ossidativi, ai quali esso di adegua. Quando si smette, per tornare in una situazione normale, occorre del tempo, cui va aggiunto il tempo necessario a rigenerare tutto lo sperma. Per questo, il margine di sicurezza per tutelare la salute del feto è all’incirca di tre mesi.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 18 dicembre 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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