RICERCA GENOMICA
Chi vive insieme condivide, per tutta la vita,
porzioni rilevanti di microbiota intestinale

Vivere insieme significa molto più che usare lo stesso dentifricio: significa avere, in parte, lo stesso microbiota. E questo a prescindere dalla latitudine, dalle dimensioni del nucleo familiare e da quelle della comunità: è vero nei villaggi più sperduti come nelle megalopoli, in Occidente come nel resto del mondo. A questa conclusione è giunto un imponente studio italiano, commentato da alcuni dei principali esperti del settore come fondamentale, condotto dai genetisti dell’Università di Trento e pubblicato su Nature, che aggiunge molte informazioni a quella già nota, ma molto più generica, della tendenza alla somiglianza tra microflora di persone conviventi.
In questo caso, infatti, sono stati analizzati i genomi dei campioni di feci e di saliva di 7.000 persone già utilizzati in altri studi, cui ne sono stati aggiunti altri 3.000, provenienti da ogni parte del mondo. Sono poi stati controllati i dati delle persone di tutte le età conviventi, e in quel momento la sovrapposizione è emersa con chiarezza, così come la relazione lineare tra vicinanza e condivisione dei batteri.
In particolare, alla nascita ogni persona riceve quello che viene chiamato kit di partenza dalla propria madre, e infatti nel primo anno di vita metà delle specie presenti sono quella della madre. Poi, via via, la percentuale diminuisce, ma resta attorno al 30% sia nell’intestino che nel cavo orale fino a quando dura la convivenza, e non si esaurisce mai del tutto: persone con più di 80 anni presentano ancora diverse specie materne.
Attorno ai 4 anni, invece, le specie presenti nei bambini sono per metà quelle materne, e per metà quelle paterne. I gemelli hanno microbiota molto simili quando vivono insieme, che si differenziano quando cessa la convivenza. Ancora, le coppie hanno una microflora batterica simile, soprattutto nel cavo orale e, quando vivono insieme da molto tempo, tendono ad assomigliarsi, da questo punto di vista, sempre di più. Infine, le similitudini, nei piccoli centri abitati, si vedono anche tra persone che non convivono, e sono attorno all’8%, mentre nelle grandi città sono molto più dipendenti dalla coabitazione stretta.
Come hanno fatto notare diversi esperti intervistati sui dati dalla rivista Quanta, oltre al fatto che lo studio identifica molte specie trasmissibili prima sconosciute, avere una mappa precisa di ciò che si trasmette tra persone che vivono a stretto contatto è di grande importanza, e potrebbe aiutare a capire molto delle malattie non trasmissibili, ma nelle quali il microbiota gioca un ruolo di primaria importanza.
A.B.
Data ultimo aggiornamento 30 marzo 2023
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