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Chi soffre di psoriasi dovrebbe limitare il più possibile il consumo di cibi ultraprocessati

Chi soffre di psoriasi dovrebbe limitare il consumo di alimenti ultraprocessati, industriali, a elevato contenuto di additivi, grassi, sali e zuccheri, perché questi potrebbero essere associati a un aggravarsi delle crisi. Lo suggerisce uno studio pubblicato su JAMA Dermatology dai ricercatori della Université Paris-Est Créteil (UPEC) di Créteil, in Francia, che hanno lavorato sui dati di oltre 18.500 persone (età media: 62 anni) che avevano partecipato a un grane studio di popolazione chiamato Nutri-Net-Santé sui rapporti tra alimentazione e salute tra il 2021 e il 2022. Il 10% di loro aveva una psoriasi, che nel 4% dei casi era attiva, secondo quanto accertato da un dermatologo. In base a quanto riportato, il consumo di ultraprocessati è stato suddiviso in tre tipologie (basso, medio o alto) e dopo tutte le opportune correzioni per eliminare possibili fattori confondenti (per esempio su livello di attività fisica, consumo di alcol, obesità e altro) il risultato è stato chiaro: chi consumava più ultraprocessati aveva una probabilità più elevata di essere nella condizione di psoriasi attiva. Il legame non dimostra l’esistenza di un rapporto di causa ed effetto, ma è comunque probabile che consumare abitualmente quantità significative di ultraprocessati, il cui potere pro-infiammatorio è noto da tempo, esacerbi lo stato infiammatorio generale e, di conseguenza, aggravi e renda più frequenti le crisi di psoriasi.

 
 

 

A.B.
Data ultimo aggiornamento 10 gennaio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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