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Cannabis anti-dolori reumatici, non ci sono prove che funzioni

I cannabinoidi e, in modo specifico, quelli contenuti nella cannabis (la pianta da cui si "estrae" anche l’hashish e la marijuana), vengono talvolta proposti come principi attivi per attenuare i sintomi, spesso dolorosi, delle malattie reumatiche autoimmuni. Ma in realtà non esistono studi che dimostrino che tale azione esista. Non bisognerebbe quindi usarli in queste patologie, anche perché gli effetti collaterali (come la sonnolenza) sono sempre presenti.
E’ una stroncatura forte quella contenuta nell’analisi pubblicata sulla rivista Arthritis Care & Research dai ricercatori della McGill University di Montreal, in Canada, che hanno scandagliato tutta la letteratura scientifica pubblicata dagli anni ’40 in poi disponibile online. In realtà hanno trovato solo quattro studi, tutti condotti dopo il 2006, che avevano coinvolto, in totale, solo 200 pazienti. Di questi studi, uno era stato interrotto perché gli effetti dei cannabinoidi non erano distinguibili da quelli del placebo; gli altri mostravano evidenti pecche metodologiche. Non esiste quindi alcuna prova - scrivono i ricercatori canadesi - che i cannabinoidi possano essere efficaci nel dolore da malattia reumatica.

Al momento sono in corso alcuni studi, nel mondo, su altre possibilità terapeutiche della cannabis, tra le quali quella antidolorifica per malattie diverse dalle patologie reumatiche autoimmuni, e quella antinausea (che è già stata approvata in alcuni Paesi).

A.C.
Data ultimo aggiornamento 24 novembre 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: malattie reumatiche



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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