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C’è un nuovo farmaco per la prevenzione dell’AIDS, e funziona nel 100% dei casi

La prevenzione dell’HIV potrebbe essere a un punto di svolta decisivo: un nuovo farmaco, da iniettare sottocute due volte all’anno, sembra proteggere al 100% le persone esposte al rischio di contagio. La percentuale è superiore a quelle che si ottengono oggi con le terapie preventive, che sono da assumere tutti i giorni, in forma di compresse. 

La dimostrazione dell’efficacia della nuova molecola, chiamata Lenacapavir, arriva da uno studio denominato Purpose 1, condotto in tre siti in Uganda e in 25 siti in Sudafrica, su un totale di circa 5.000 donne a rischio di infezione di età compresa tra i 16 e i 25 anni, nel quale il farmaco è stato provato contro due delle più comuni terapie PrEP (da pre-exposure prophylaxis), il Truvada, in uso da oltre dieci anni, e il Descovy, più nuovo. Il risultato è stato che nessuna delle oltre 2.100 donne trattate con lenacapavir si è infettata, contro 16 (pari all’1,5%) delle circa mille trattate con Truvada e 39 (pari all’1,8%) delle oltre 2.100 tratte con Descovy. I risultati sono stati così favorevoli che lo studio è stato interrotto prematuramente, per permettere a tutte di accedere al nuovo farmaco.

Il Lenacapavir è già autorizzato in Italia, ma in combinazione con altri farmaci. La stessa OMS si augura che l’approvazione nei diversi paesi e i sostegni economici per la spesa e per la distribuzione siano tempestivi. Nel 2023 i casi sono stati 1,3 milioni (rispetto ai due milioni del 2010), ed entro il 2025, secondo gli obbiettivi della stessa OMS, dovrebbero diventare 500.000, per poi azzerarsi entro il 2030. Il Lenacapavir potrebbe aiutare molto, anche oerché fare un’iniezione due volte all’anno è molto più semplice che assumere una pillola tutti i giorni, e la terapia potrebbe quindi essere rispettata con maggiore scrupolo di quanto non accada con le PrEP attuali.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 5 agosto 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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