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Bere una tazza di tè nero al giorno abbassa
il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2

Bere tutti i giorni tè nero aiuta a prevenire il diabete di tipo 2, sia a chi è sano sia a chi è già in una situazione di prediabete o di diabete conclamato (in questo caso, rallenta la progressione). Lo conferma uno studio presentato al meeting annuale della European Association for the Study of Diabetes (EASD) svoltosi ad Amburgo, in Germania, da un team internazionale di diabetologi cinesi e australiani. E si tratta di effetti davvero rilevanti: rispetto a chi non ne beve mai, chi consuma tè nero tutti i giorni ha una riduzione del rischio di pre-diabete del 53% e di diabete conclamato del 47%. I numeri arrivano dall’analisi delle abitudini e delle condizioni di salute di poco meno di duemila persone, in parte sane (1.135), in parte con prediabete (352) e in parte con diabete di tipo 2 (436), di età compresa tra i 20 e gli 80 anni, residenti in otto province cinesi. Il rischio è stato misurato attraverso l’escrezione del glucosio nelle urine, che nel diabete è inferiore, la resistenza all’insulina (indice di una situazione molto a rischio) e lo stato glicemico (che indica, anche attraverso la necessità dei farmaci ipoglicemizzanti, lo status di diabetico), e il risultato è stato che bere tè in generale significa aumentare l’escrezione urinaria di glucosio e avere una riduzione della resistenza all’insulina, traducibili in un 15% di diminuzione del rischio di prediabete e del 28% di rischio di diabete tra chi beve tè tutti i giorni e chi non ne beve mai.

Il tè nero, poi, apporta un vantaggio ulteriore, e probabilmente lo fa grazie al procedimento con cui è ottenuto: una fermentazione, i cui numerosi prodotti interagiscono positivamente con il microbiota, e hanno proprietà antinfiammatorie.

Consumare tè (meglio se nero) tutti i gironi è quindi un modo semplice, più che economico e alla portata di chiunque per prevenire almeno in parte il diabete di tipo 2.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 2 novembre 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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