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Scoperta nuova forma di APS-1 malattia rara di bocca e pelle

E’ rara, ma forse non rarissima come è stato pensato finora, la malattia nota come APS-1 (acronimo di autoimmune polyendocrine syndrome type 1, sindrome poliendocrina autoimmune di tipo 1) che è stata al centro di uno studio degli immunologi dell’Università di Bergen, in Norvegia, ora pubblicato sulla rivista Immunity. Gli scienziati ne hanno infatti identificato una nuova forma che colpisce in età adulta e che è associata ad una nuova mutazione genetica.

L’APS-1 si manifesta con infezioni da funghi anche molto gravi nel cavo orale, sulla pelle e a livello dei genitali ed è associata a un malfunzionamento delle paratiroidi unito a debolezza e a pressione bassa. A causarla è la mutazione nel gene AIRE (autoimmune regulator) e i primi sintomi compaiono in genere attorno ai 4 anni di età. In alcuni casi, però, l’esordio è in età adulta. 

In totale ne sono noti circa 500 casi in tutto il mondo. La sua forma classica è dovuta a una mutazione recessiva. Ciò significa che è necessario che entrambi i genitori siano portatori della mutazione perché il figlio sia affetto dalla malattia. Ne esiste però anche una forma, con esordio in età adulta, associata a una mutazione dominante; ciò significa che è sufficiente che uno dei genitori sia portatore della mutazione perché un figlio possa manifestare la malattia. Non solo: non si tratta della stessa mutazione responsabile della forma recessiva, ma di una mutazione diversa, localizzata in una porzione differente del gene AIRE.

Per verificare l’incidenza nella popolazione generale della nuova mutazione, gli autori dello studio hanno scandagliato alcune banche dati genetiche. Ne è emerso che questa mutazione è più frequente di quanto si pensasse e che interessa una persona su 1.000. Probabilmente, però, spesso questa anomalia genetica non dà origine ad alcun sintomo. In altri casi, ipotizzano gli esperti, potrebbe essere coinvolta in malattie diverse dall’APS-1. Potrebbe ad esempio essere responsabile di patologie ricorrenti nella famiglie, dai sintomi vaghi e di origine non chiara, per cui ad oggi non esiste alcun tipo di terapia mirata.

Le malattie associate a mutazioni di AIRE potrebbero quindi essere più frequenti di quanto si sia pensato fino ad oggi e causare dei problemi di tipo autoimmune più variabili del previsto. 

A.B.
Data ultimo aggiornamento 20 luglio 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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