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Anche una sola seduta può aiutare i piccoli profughi ucraini a combattere i traumi

Un intervento di supporto psicologico incentrato sul problem solving, della durata di 30 minuti, effettuato on line, può aiutare in misura rilevante i bambini profughi, scappati da un conflitto e rifugiati in un altro paese, a contrastare le conseguenze psicologiche di ciò che hanno vissuto. Tra gli effetti collaterali delle guerre ci sono sempre, infatti, i danni alla psiche dei bambini. Strascichi che spesso durano tutta la vita, e che rendono la vita dei più piccoli difficile anche quando sono al sicuro dai danni fisici. Eppure, un interventios emplice, veloce ed economico potrebbe aiutarli molto. Lo dimostra uno studio pubblicato su Lancet Primary Care dagli psicologi di Harvard e del Queen Mary Hospital di Londra condotto su più di 700 bambini ucraini di età compresa tra i 10 e i 18 anni rifugiatisi in Polonia. I ragazzi sono stati sottoposti a una sola seduta virtuale di 30 minuti, un colloquio con uno specialista che spiegava loro come affrontare le difficoltà quotidiane, per esempio a scuola o nelle relazioni e nei conflitti interpersonali, seguendo un protocollo convalidato. Quindi in tutti sono stati misurati numerosi parametri quali i livelli di ansia e depressione, a uno e quattro mesi. Tutti coloro che avevano preso parte alle sedute hanno mostrato miglioramenti rispetto ai coetanei che non lo avevano fatto in tutti gli indici misurati. Un successo che dimostra che basterebbe poco per aiutarli. Le sedute sono state condotte in lingua ucraina e in orario scolastico, senza modificare le abitudini dei ragazzi, a costi assai contenuti. Un programma di questo tipo andrebbe proposto a tutti i bambini e gli adolescenti che vivono quella sfortunata condizione, per sostenerli e cercare di attenuare le conseguenze dei traumi e contribuire ad assicurare loro una vita migliore.


Data ultimo aggiornamento 22 luglio 2025
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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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