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L’uso dei social media può danneggiare seriamente la salute mentale dei ragazzi

I social media possono nuocere anche gravemente alla salute mentale di chi li usa, soprattutto se è giovane e in modo ancora più accentuato se è donna. Lo confermano, ancora una volta, due studi usciti nelle ultime settimane. Il primo è una grande metanalisi di oltre 2.500 ricerche sui rapporti tra social e patologie psichiatriche, pubblicata su BMC Psychiatry dai ricercatori della Simon Fraser University di Burnaby, in Canada, dalla quale è emerso un fatto specifico: l’impiego regolare e frequente dei social è associato a un significativo aumento dei disturbi psichiatrici di tipo delusionale, cioè quelli a causa dei quali le persone si sentono sempre inadeguate. Qualche esempio? I disturbi della personalità, per i quali si vive la delusione di non essere superiori agli altri, l’erotomania, nella quale ci si sente delusi perché una persona famosa non ci ama, quelli dismorfici, per i quali si percepisce una parte del proprio corpo come sbagliata, e l’anoressia. Il motivo è lo scollamento tra il mondo virtuale e quello reale, che genera false percezioni di sé senza che vi sia un confronto che aiuti a capire qual è la situazione reale.

Il secondo studio è invece focalizzato su Tik Tok e Instagram, due dei social più amati dai giovani. Un gruppo di ricercatori spagnoli ha condotto un’indagine su oltre mille ragazzi e ragazze di età compresa tra i 12 e i 18 anni, e ha messo in evidenza che, anche se i social possono favore alcuni aspetti come quelli organizzativi, a risentirne è il benessere psicologico. Come riferito su Revista de Comunicación, inoltre, non c’è consapevolezza dei possibili danni, né del ruolo degli algoritmi, soprattutto tra coloro che sono più vulnerabili: le ragazze. Secondo gli autori, è urgente un intervento educativo ad ampio spettro non tanto sull’utilizzo dei social, che i ragazzi conoscono alla perfezione, ma sulla gestione dei sentimenti che essi generano.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 29 aprile 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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