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Alla formazione della carie contribuisce
anche un batterio nuovo: S. sputigena

Oltre al ben noto Streptococcus mutans, c’è un altro batterio responsabile della formazione della carie, finora mai sospettato di essere tale: il Selenomonas sputigena, conosciuto per essere coinvolto in un altro tipo di patologia orale, la parodontite. Gli odontoiatri dell’Università della Carolina del Nord hanno infatti analizzato, con tecniche di sequenziamento genetico e con test in vitro i campioni di placca di 300 bambini di età compresa tra i 3 e i 5 anni, metà dei quali con carie, e hanno scoperto non solo la presenza di diverse specie, tra le quali S. sputigena, ma anche un meccanismo di formazione della carie del tutto nuovo. Come hanno poi illustrato su Nature Communications, infatti, S. sputigena da solo non riesce a provocare la carie. Tuttavia, aiuta e potenzia l’azione di S. mutans che, come noto, nel tempo costruisce una sorta di barriera impenetrabile, la placca o biofilm, contro la quale neppure gli antibiotici hanno effetto, e protetto dalla quale più trasformare gli zuccheri in acidi ed erodere così lo smalto, arrivando fino agli strati più profondi del dente. S. sputigena, che ha una sorta di appendice, aderisce agli zuccheri che costituiscono la placca, i glucani, e protegge S. mutans con strutture a nido d’ape; quest’ultimo, al sicuro sotto S. sputigena, secerne molto più acido, ed è quindi assai più efficiente nella proliferazione e nella formazione di carie. Quanto osservato è stato anche confermato in ulteriori cento campioni di placca, e oltre a offrire un quadro dle tutto nuovo su ciò che accade quando sono presenti batteri cariogeni, potrebbe portare a nuove, più efficaci strategie anticarie, che prendano di mira proprio S. sputigena.


Data ultimo aggiornamento 20 giugno 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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