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Alcuni prodotti per capelli potrebbero minacciare la fertilità femminile

I prodotti per lisciare i capelli, chiamati anche relaxer, potrebbero essere pericolosi per la fertilità, soprattutto quando l’uso è regolare e prolungato. Lo suggerisce uno studio appena pubblicato sull’American Journal of Epidemiology, nel quale sono stati analizzati i concepimenti di più di 11.000 donne che hanno partecipato a una grande indagine di popolazione specifica sulla fertilità femminile, chiamata PRESTO (da Pregnancy Study On Line), avviata nel 2013 sia in Canada che negli Stati Uniti, nell’ambito della quale le donne sono seguite da prima della gravidanza fino a sei mesi dopo il parto. In questo caso, le partecipanti avevano risposto ai quesiti su salute e abitudini di vita tra il 2014 e il 2022 e ciò che si è visto è che tra le donne che usavano relaxer da almeno dieci anni o cinque volte all’anno la fertilità era mediamente più bassa. Non è stato possibile definire se esista o meno una relazione tra la dose e l’effetto, cioè tra la quantità di prodotto e la diminuzione di fertilità, ma i dati emersi giustificano un approfondimento, così come i presupposti teorici. Come già emerso in numerose altre ricerche, infatti, i parabeni, i fenoli e gli ftalati – tutte classi di molecole presenti nei relaxer – sono variamente considerati distruttori o interferenti endocrini, cioè sostanze che, appunto, interferiscono con il sistema ormonale, con conseguenze negative di vario tipo, principalmente proprio sull’apparato riproduttivo e sui feti. In più, in questo caso, c’è una grande differenza nei gruppi etnici: le più grandi utilizzatrici sono le afroamericane, seguite dalle ispaniche che, per adeguarsi a un modello cultrale caucasico, molto spesso iniziano a utilizzare i relaxer fino dalla più tenera età. Nello studio, più della metà delle donne afroamericane o ispaniche ha ammesso di aver iniziato a usare i relaxer prima di aver compiuto dieci anni, contro l’1-17% delle caucasiche. Conoscere nel dettaglio i rischi potenziali associati a questi prodotti significa quindi, secondo gli autori, contribuire anche a ridurre le discriminazioni derivanti dai modelli culturali dominanti, che convincono troppe persone a cercare di omologarvisi.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 3 maggio 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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