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I tardigradi resistono alle radiazioni come nessun altro. Ora si sa come ci riescono

I tardigradi, noti anche come orsi d’acqua, creature antichissime, millimetriche e dotate di straordinarie caratteristiche che li rendono estremamente resilienti e adattabili, hanno anche una resistenza alle radiazioni mai riscontrata in alcun altro essere vivente, e almeno mille volte superiore a quella tollerata dagli esseri umani. Questo è noto da almeno sessant’anni. Ciò che non si sapeva, però, è come facciano a non risentire dei danni al DNA inferti da dosaggi di radiazioni che causano la morte immediata negli altri esseri viventi. Ora, grazie a uno studio pubblicato dai ricercatori dell’università della Carolina del Nord di Chapell Hill su Current Biology, il mistero è risolto, almeno in parte. I tardigradi – o almeno quelli del genere Hypsibius exemplaris, quando risentono del danno al DNA inferto dalle radiazioni, esprimono quantità enormi dei geni incaricati di riparare le lesioni e le rotture, molto superiori a ciò che si pensava potessero fare. La conferma arriva dal fatto che, se gli stessi geni sono espressi in batteri, anche questi acquisiscono capacità riparative decisamente superiori rispetto a quanto non accada di solito. In particolare, ci sarebbe almeno un gene che conferisce tali proprietà, e che quindi è doventato subito un osservato speciale.

Oltre a svelare qualcosa di organismi che non finiscono di stupire e di affascinare, questo studio potrebbe avere importanti ripercussioni sui meccanismi generali che regolano il danno e la riparazione al DNA, così come sulle strategie migliori da mettere a punto per amplificare la capacità di resistere all’esposizione alle radiazioni anche per altri tipi di organismi viventi, compresi gli esseri umani.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 26 aprile 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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