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I vermi del terreno di Chernobyl sanno
riparare i danni da radiazioni al loro DNA

Dopo i lupi, i vermi. A Chernobyl anche questi esseri piccoli, dotati di organismi semplici e capaci di riprodursi molto velocemente, stanno dando informazioni preziose da diversi punti di vista. Se infatti i lupi sembrano avere sviluppato mutazioni che li proteggono dal cancro (come emerso in uno studio recente di cui abbiamo dato conto nelle scorse settimane, vedi elenco brevi), i nematodi non mostrano di aver risentito della contaminazione dell’incidente del 1986, suggerendo l’esistenza di meccanismi di difesa estremamente efficienti.

Lo suggerisce uno studio appena pubblicato su PNAS dai ricercatori della New York University che nel 2019 sono stati nella cosiddetta Zona di Esclusione (quella più vicina alla centrale, dove non è permessa alcuna forma di residenza o permanenza che vada oltre poche ore,  e solo con le dovute protezioni) e hanno prelevato molti campioni di vermi che vivevano a distanze diverse dai reattori. Quindi, una volta tornati a New York, hanno studiato, in particolare, 15 vermi della specie Oscheius tipulae, analizzandone il genoma e mettendolo a confronto con quello di altri cinque campioni provenienti da altre parti del mondo. E, a sorpresa, non hanno trovato traccia, nel DNA dei vermi di Chernobyl, delle radiazioni assorbite da generazioni di vermi residenti.

Come hanno spiegato gli autori, ciò non significa affatto che i vermi non risentano di queste ultime. Piuttosto, dimostra che possiedono dei sistemi di riparazione del danno genetico estremamente efficaci.

Da allora sono passati quattro decenni, e dozzine di generazioni di vermi. Per capire che cosa sia successo, i ricercatori hanno studiato i cambiamenti dei genomi di 20 individui sottoposti a vari insulti genetici, e hanno confermato che i vermi non resistono alle radiazioni, e non è stata selezionata una specie resistente. Tuttavia, i nematodi sembrano avere attivato sistemi riparativi dei danni al DNA straordinariamente efficaci. E queste sono informazioni utili anche per l’uomo, per esempio in ambito oncologico, e per comprendere meglio la risposta a certi tipi di sostanze e stimoli come quelli della radioattività, che danneggiano il DNA e, almeno in teoria, per carpire i segreti dei nematodi, e sfruttarli per realizzare nuovi approcci terapeutici.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 27 marzo 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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