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Anche i neonati di pochi giorni con la fibrosi cistica potrebbero avere presto una terapia

C’è una nuova speranza per i bambini che nascono affetti da fibrosi cistica: il farmaco che ha già rivoluzionato la terapia dei pazienti più grandi, chiamato Ivacaftor (Kalydeko), probabilmente può essere somministrato già alla nascita, rallentando o fermando l’evoluzione della malattia, e assicurando così un futuro più sano a chi è colpito da questa grave patologia genetica.

Lo suggeriscono i dati positivi arrivano dall’Irlanda, paese che ha il più alto tasso al mondo di persone con la mutazione, e cioè il 10%, contro una media del 4%. Attualmente, in Irlanda vivono 1.400 malati, con 30 nuove diagnosi ogni anno. Anche per questo, i pediatri della RCSI University of Medicine and Health Sciences e del Children’s Health Ireland hanno voluto verificare se il farmaco, approvato inizialmente per gli adulti e poi via via esteso aiu ragazzi e ai bambini, potesse essere impiegato in sicurezza nei neonati con meno di quattro mesi di età, limite che fino a oggi impediva di curare i bambini al momento della diagnosi, che arriva di solito attorno alle quattro settimane di vita.

Come riportato sul Journal of Cystic Fibrosis, i pediatri irlandesi hanno trattato sette neonati con meno di quattro mesi di età, aggiustando poi la dose in sei di essi. Quattro di loro hanno avuto effetti collaterali che, però, non sono stati gravi in nessun caso, e uno ha interrotto la cura per precauzione. Per quanto riguarda i risultati, tutti hanno avuto miglioramenti nei parametri specifici, compresi quelli del pancreas e quelli dell’infiammazione generale, a conferma dell’efficacia e della sicurezza di una molecola che ha lo scopo di supplire al difetto genetico che provoca la malattia.

ll farmaco è prodotto dall’azienda Vertex, che sta procedendo a chiedere all’agenzia europea per il farmaco (EMA) le autorizzazioni necessarie a estendere l’uso nei neonati con meno di quattro settimane.

Se tutto andrà come si spera, e cioè se giungeranno le approvazioni per un impiego precoce, già al momento della diagnosi (uno dei bambini dello studio è stato trattato nei primi giorni di vita), il destino di almeno una parte dei malati di fibrosi cistica (quelli che rispondono, che possono essere identificati prima del trattamento) potrebbe essere diverso, e migliore.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 16 aprile 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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