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La terapia ormonale sostitutiva può essere utilizzata anche da chi ha più di 65 anni

Le donne in menopausa che continuano ad avere sintomi invalidanti dopo i 65 anni, possono continuare ad assumere la terapia ormonale sostitutiva o TOS senza esporsi a pericoli per la salute? La risposta a questa importante domanda, finora, era quasi sempre netta: no, perché dopo i 65 anni l’aumento degli indici di rischio di diverse malattie sale, e il bilancio tra questi ultimi e i benefici diventa sfavorevole. Ma è davvero così, o si tratta di pregiudizi privi di fondamento?

Tutto ha avuto origine nel 2002, quando sono stati pubblicati i dati del grande studio sulla salute delle donne Women’s Health Initiative, relativo agli anni precedenti, nei quali si utilizzavano formulazioni ormonali oggi impensabili. Da quei risultati, infatti, era emersa una relazione chiara tra l’uso della TOS e un incremento del rischio di sviluppare alcune forme di tumore, malattie cardio- e cerebrovascolari e altro, visibile soprattutto dopo i 65 anni. I dati, però, erano stati ridimensionati già nel 2004, con i follow up delle stesse donne, e poi in tutti gli anni successivi, nell’ambito di decine di studi.

Nel frattempo, gli assortimenti di ormoni stavano diventando più personalizzati e sicuri, al punto che oggi si ritiene siano praticamente innocui, ma le abitudini delle donne e di molti medici non erano cambiate, e ancorta oggi non lo sono molto: la TOS dopo i 65 anni è prescritta piuttosto raramente, anche quando i sintomi della menopausa sono gravi, e nonostante le linee guida la prevedano, in certi casi, perché ancora circondata da sospetti e timori.

Per chiarire una volta per tutte la situazione, i ginecologi e gli epidemiologi dei National Institutes of Health di Bethesda hanno analizzato i dati di dieci milioni di donne relativi al periodo 2007-2020, contenuti negli archivi statunitensi del sistema sanitario per gli anziani Medicare.

Come hanno poi illustrato su Menopause, i risultati sono stati tranquillizzanti, anche se molto dipende dal tipo di ormoni assunti e dalla durata della TOS. 

In generale, se si assumono solo estrogeni in monoterapia si ottiene una riduzione del rischio di morte, di tumori della mammella, del polmone e del colon, di scompenso cardiaco, di trombosi venose, di fibrillazione atriale, di infarti e di demenza.

Se si assumono combinazioni di estrogeni e progestinici si nota un lieve aumento del rischio di tumore al seno, contrastabile però con formulazioni transdermiche o vaginali di progestenici.

I progestinici, inoltre, sono associati a una diminuzione del rischio di tumori dell’endometrio, delle ovaie, delle trombosi venose, di scompenso cardiaco e di ischemie cardiache.

Questi dati sono in accordo con la presa di posizione ufficiale della Menopause Society americana, che nel 2022 affermava che l’età, da sola, non deve costituire un limite alla prescrizione della TOS. Ogni donna va valutata singolarmente, e per ciascuna vanno individuate le opzioni migliori in rapporto alla situazione. oltretutto, alcuni tipi di TOS sembrano avere un effetto protettivo rispetto a diverse patologie. Anche dopo i 65 anni.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 12 aprile 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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