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La liquirizia fa salire la pressione, anche
in piccole quantità. Meglio non esagerare

Non si dovrebbe esagerare con la liquerizia, perché il suo principio attivo, l’acido glicirrizico, può far salire la pressione.

Il legame tra gli estratti della pianta Glycyrrhiza come le caramelle, le tisane e altro e l’innalzamento della pressione era già noto, ma ora uno studio molto accurato chiarisce alcuni aspetti importanti, e fornisce anche una spiegazione biologica di ciò che accade.

In esso i ricercatori dell’Università svedese Linköping di Umeå hanno selezionato 28 giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni, e hanno fatto assumere loro una quantità specifica di acido glicirrizico, ossia 100 milligrammi al giorno, contenuti in pastiglie da 3,3 grammi, oppure di un placebo aromatizzato con il salmiak, un olio essenziale che conferisce il classico profumo di liquerizia. Dopo due settimane di trattamento, e altre due di pausa, hanno invertito la somministrazione, per tenere conto anche delle differenze personali nella reazione alla liquerizia. Come sottolineato sull’American Journal of Clinical Nutrition, uno degli aspetti più importanti della sperimentazione è stato proprio aver dosato esattamente quanto principio attivo assumevano i partecipanti. Nella realtà, infatti, la liquerizia è presente in decine di prodotti diversi, in concentrazioni che variano non solo in base alla ricetta, ma anche alle condizioni nelle quali la pianta è cresciuta, ed è stata poi trattata, e questo ha conferito grande variabilità agli studi condotti prima. Somministrando quantità note, si evitano questi rischi.

Il risultato della sperimentazione, comunque, è stato che il consumo giornaliero di 100 mg di acido glicirrizzico provoca un aumento medio di pressione di 3,1 millimetri di mercurio, che derriva da uno sbilanciamento del sistema renale, come confermato dagli esami fatti per verificarlo.

Secondo gli autori, sarebbe necessario indicare le quantità di principio attivo sulle confezioni: anche se non si tratta di aumenti di grandi dimensioni, alcune persone consumano quantità notevoli di liquerizia anche tutti giorni, e alcune sono più a rischio di ipertensione per vari motivi. Sarebbe opportuno quindi che tutti sapessero esattamente che cosa stanno per consumare.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 19 aprile 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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