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I farmaci nello spazio: potrebbero essere scaduti, e con comportamenti quasi ignoti

Nei viaggi spaziali lunghi come quelli verso Marte (la durata media prevista è di circa tre anni) ci potrebbe essere un problema finora poco considerato: quello dei farmaci. La scadenza della stragrande maggioranza dei medicinali, infatti, è inferiore ai tempi previsti per le permanenze prolungate, e anche se un farmaco scaduto di solito non è nocivo, ma solo meno efficace, o attivo in modo diverso, è evidente che la questione deve essere risolta. Anche perché il comportamento chimico-fisico dei farmaci nello spazio finora è stato studiato pochissimo, ed è dunque pressoché sconosciuto.

Gli astronauti si ammalano spesso, anche se quasi mai si tratta di condizioni gravi. Le particolarissime reazioni del corpo umano all’assenza di gravità, o alla microgravità, e i cambiamenti del sistema immunitario e di quasi tutti gli organi, rendono infatti chi si trova in quelle condizioni particolarmente vulnerabile. Per questo gli equipaggi portano a bordo anche medicine, che spesso usano

A occuparsi di questo specifico abito è stato uno studio pubblicato sulla rivista del gruppo Nature npj Microgravity, condotto dai ricercatori della Duke University di Durham, in North Carolina, che hanno avuto accesso alle liste di farmaci inviati sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) dalla NASA, dopo esplicita richiesta motivata con il Freedom of Information Act e supponendo che l’elenco non sia molto diverso da quello che si sta preparando per Marte.

In totale la lista conteneva 91 farmaci di cui era nota la scadenza (sui 106 totali), 54 dei quali con una scadenza a 36 mesi, e 14 con una di 24 mesi. Anche facendo stime ottimistiche, ciò significa che il 60% dei farmaci scadrebbe prima di arrivare su Marte (e nelle stime pessimistiche la percentuale arriva al 98%). Il tutto, senza tenere conto dell’accelerazione nei processi di degradazione indotti dalle radiazioni cosmiche e dall’assenza di gravità, fenomeno ben noto che, per esempio, si vede sempre nel cibo.

Oggi le scorte sull’ISS sono rinnovate dagli equipaggi che si avvicendano, ma è chiaro che si tratta di una soluzione-tampone che non può andare bene per le missioni lunghe o per le basi per esempio lunari che dovrebbero essere realizzate nei prossimi anni. E in ogni caso, concludono gli autori, è fondamentale conoscere molto meglio il comportamento dei farmaci (anche non scaduti) nello spazio.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 30 luglio 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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