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Nuovo farmaco allo studio
per “ingannare” il coronavirus

Mentre prosegue la sperimentazione negli ospedali di numerose terapie (utilizzando farmaci già esistenti) per combattere il Covid-19, anche quella nei laboratori va avanti speditamente, in diverse parti del mondo, nel tentativo di mettere a punto un medicinale specifico contro il coronavirus. Tra le segnalazioni degli ultimi giorni una delle più interessanti arriva da un gruppo di esperti internazionali coordinato da Josef Penninger (direttore del Life Sciences Institute dell’Università della Columbia Britannica, in Canada), che ha pubblicato sulla rivista scientifica Cell i risultati di uno studio su un nuovo farmaco pensato per “ingannare” il coronavirus. Come funziona? Per entrare nelle cellule il virus si aggancia a una proteina, chiamata ACE2 (acronimo di Angiotensin-converting enzyme 2), che si trova sulla membrana cellulare. Partendo da questa considerazione, i ricercatori hanno allora pensato di creare una molecola molto simile all’ACE2 (chiamata APN01), ma in grado di circolare nell’organismo (senza essere legata a una cellula) e di diventare, così, una sorta di “esca” per il coronavirus. Se il virus si aggancia all’APN01, e non all’ACE2, si neutralizza, perché poi non trova gli strumenti che gli sono necessari per riprodursi (strumenti che sono presenti, invece, all’interno delle cellule).

Per verificare l’efficacia dell’APN01, i ricercatori l’hanno messo a contatto con una serie di colture cellulari infettate in laboratorio, e hanno misurato una diminuzione della carica virale di un fattore compreso tra 1.000 e 5.000 volte. Una capacità antivirale è stata misurata anche su organoidi di rene e di vasi sanguigni (gli organoidi sono mini-organi ricreati in laboratorio con cellule umane). I primi test clinici con l’APN01 su pazienti volontari dovrebbero iniziare nelle prossime settimane in Europa, grazie alla collaborazione con l’azienda Apeiron Biologics, specializzata in biotecnologie.

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Nella foto (agenzia iStock) il coronavirus si aggancia al recettore ACE2 di una cellula (in blu) tramite una “proteina spike” (in rosso)

A.B.
Data ultimo aggiornamento 12 aprile 2020
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


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Tags: coronavirus, Covid-19



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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