PREVENZIONE
Piccole ma regolari quantità di carni rosse possono favorire lo sviluppo della demenza

Il consumo di carni rosse, lavorate e no, potrebbe aumentare il rischio di andare incontro a un declino cognitivo o a una vera e propria demenza. Lo suggeriscono i dati di un numero enorme di persone – oltre 133.000 – che avevano in media 49 anni quando hanno iniziato a essere seguite, e che sono state controllate attentamente sia per quanto riguarda le abitudini alimentari sia per tutto ciò che concerne la salute, per oltre 43 anni. Tra di loro, nel tempo, sono stati diagnosticati oltre 11.000 casi di demenza. Verificando le abitudini, si è visto che il rischio di danni alle funzioni superiori aumentava in modo lineare con il consumo anche assai limitato, ma regolare, di carni rosse, soprattutto lavorate.
Come riportato su Neurology, infatti, per ogni quarto di porzione, cioè circa 20 grammi al giorno di insaccati (un paio di fette di bacon o prosciutto), il rischio di demenza aumentava del 13% rispetto a quello di chi ogni giorno non superava i 7-8 grammi. Inoltre c’era una relazione lineare tra la quantità assunta e il rischio, e un’anticipazione anche di 1,6 anni della diagnosi, per chi aveva mangiato più salumi. Numeri simili sono emersi per la forma che precede la demenza, il declino cognitivo: per ogni quarto di porzione giornaliera si è visto un aumento del 14-16% o anche più, a seconda della quantità di carne rossa, processata o no.
I meccanismi non sono chiari: probabilmente la carne rossa stimola l’attività di alcuni batteri del microbiota intestinale che, a loro volta, favoriscono la formazione di depositi di beta amiloide e proiteina tau nel cervello, e dio sicuro anche i grassi saturi hanno un ruolo.
Quello che sembra certo, comunque, è che, oltre al rischio di malattie cardiovascolari e di alcuni tumori, il consumo regolare di quantità modeste di carni rosse, specie se lavorate, sia una pessima abitudine, per il mantenimento della salute del cervello.
A.B.
Data ultimo aggiornamento 28 gennaio 2025
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